LA CRISI
DEL SISTEMA COMPLESSIVO PREVIDENZIALE
NON RIGUARDA
LA SOSTENIBILITA’ DELLE PENSIONI I.V.S.
- pagate dai lavoratori, per assicurarsi in caso d'invalidità al lavoro, vecchiaia e ai superstiti-
I L T I T O L O
IL RE È NUDO
- RIFORMA DINI: IL CALCOLO MEDIO PER LE PENSIONI IVS
- LA SPESA DELLE PENSIONI IVS E' SOSTENIBILE CON I SOLI CONTRIBUTI DEI LAVORATORI
PREMESSA
LA PROTEZIONE SOCIALE COSTITUZIONALE
La Costituzione
sancisce la precettività dell'art.38, nella parte in cui descrive la struttura
della protezione sociale, operante immediatamente nell'Ordinamento
giuridico, distinguendo nettamente il sistema
della previdenza sociale (comma 2), da quello dell'assistenza
sociale (comma1).
Essi rappresentano due diverse fattispecie tipiche
e distinte, anzi, opposte, per soggetti
interessati, natura, funzione e modalità di finanziamento.
Questo
è il motivo per cui diventa non solo giuridicamente, ma anche
contabilmente corretto, postarle separatamente nel Rendiconto finanziario
dell’Istituto previdenziale.
CAP. I
IL SISTEMA DELLA PREVIDENZA, DI CUI LE PENSIONI IVS
RAPPRESENTANO UN SOTTOSISTEMA DI NATURA ASSICURATIVA
In particolare,
nell'ambito del sistema di previdenza, quello relativo alle pensioni
d’invalidità, vecchiaia e ai superstiti che ne rappresentano un
sottosistema, è di natura interna
ai lavoratori-pensionandi, ancorché obbligatorio per legge, perché
autofinanziato solo da una parte della collettività nazionale – in
stragrande maggioranza dai lavoratori dipendenti - attraverso
il prelievo dei contributi del 33% (per i dipendenti) dalla loro
retribuzione, al fine di assicurarsi in casi d’invalidità, vecchiaia o morte (il
contributo datoriale è inteso quale retribuzione differita del lavoratore):
- La
contribuzione previdenziale non rappresenta una imposizione tributaria
vera e propria, ma "una tassa di scopo", diretta unicamente a
finanziare, in un sistema a ripartizione, quale è quello attuale, le
pensioni IVS in pagamento.
La
previdenza pensionistica realizza, quindi, un’assicurazione
obbligatoria contro i rischi professionali, generici e
specifici, degli stessi lavoratori-pensionandi, quali l'invalidità al
lavoro, la vecchiaia, il decesso.
- In
sintesi, trattasi di un sistema a ripartizione- assicurativo, speculare e
strettamente collegato tra la contribuzione versata e le pensioni, in
pagamento, d’invalidità al lavoro, vecchiaia/anzianità/anticipata, ai
superstiti, supplementari, supplementi e ricostituzioni (identificate con
l’acronimo IVS, per cui in seguito: "pensioni
IVS"),
Pertanto, i contributi previdenziali assumono una quadruplice funzione:
- pagare le pensioni IVS in essere;
- essere calcolati come cifra dei requisiti necessari, previsti dalla legge, per raggiungere il diritto alle pensioni IVS
- come misura dell'importo delle stesse.
- essere l'unica copertura economica per assicurarsi contro i rischi professionali, quali l'invalidità al lavoro, la vecchiaia e ai superstiti (IVS), in quest'ultima ipotesi, in caso di decesso del lavoratore/pensionato.
CAP. II
IL SISTEMA DELLE PRESTAZIONI ASSISTENZIALI
Invece
il Sistema delle prestazioni assistenziali ha natura generale, perché
si rivolge a tutti i cittadini che siano inabili al lavoro, minorati
fisici e psichici o indigenti, i cui oneri, a carico dello Stato, sono finanziati
da tutta la collettività (compresi, ovviamente i
lavoratori), attraverso la Fiscalità generale.
Il diritto alla prestazione
assistenziale prescinde dalla contribuzione (che peraltro non versano), ma
dipende solo dalle condizioni personali, sanitarie e economiche in cui si trova
il cittadino beneficiario, bisognoso di essere assistito
dallo Stato, quale espressione della solidarietà
generale.
Insomma, cari lettori, da questa
inascoltata esigenza di corretta separazione contabile (siamo convinti che l'autorevolissimo
richiamo della Corte dei Conti, tramite il mio ricorrente e ostinato
megafono, abbia un seguito in ambito politico), capite bene quanto sia
penalizzante per i lavoratori ogni contaminazione contabile tra la spesa
assistenziale e quella pensionistica, la cui copertura (aumentata) viene
assicurata, semplicemente, con la diminuzione delle future pensioni.
Peraltro, ogni norma anche che dovesse
violare il principio della separazione contabile tra i due Sistemi, si
configurerebbe addirittura in contrasto con il dettato
dell’art.38 della Costituzione
Inoltre, a mio avviso, ciò
diventa pregiudiziale ad ogni ulteriore iniziativa di
"tavoli" ministeriali finalizzati alla separazione tra previdenza e
assistenza.
LA COSTITUZIONE: L'ASSISTENZA, LA PREVIDENZA E
L' ASSICURAZIONE PENSIONISTICA IVS
IL PIANO DELL’OPERA: LE PENSIONI IVS
PRIMA PARTE
COME SI CALCOLA LA PENSIONE IVS CONTRIBUTIVA
CAP. I
IL METODO CONTRIBUTIVO
Con il metodo
contributivo, la pensione non risulta più legata alla retribuzione, ma è
vincolata alla contribuzione versata nell'arco dell'intera vita lavorativa
e alla diversa durata della speranza di vita tra i
pensionati.
Nella Tabella Ufficiale, sotto riportata (allegata al Decreto ministeriale ),
sono inseriti due coefficienti (Divisore e Valore)
che, contestualmente, trasformano in pensione i contributi accumulati, per cui,
dal 1° gennaio 2023, la pensione, alla data dell’età di pensionamento (I°
colonna), si ottiene:
1. dividendo il montante contributivo per "il
Divisore" (II° colonna, che rappresenta gli anni
residui dell’aspettativa di vita)
2. oppure, moltiplicandolo per il “Valore" (III°
colonna, espresso in una percentuale, che è ricavata dalla
divisione tra 100 e il predetto Divisore),
Pertanto l'importo
della pensione (comprensivo del tasso di sconto del 1,5%) è correlato alla
speranza di vita - misurata dalla “DINI”, non in base alla variabile
demografica, ma ad una cifra, ponderata in media,
unica ad ogni età di pensione – e che decresce in
rapporto alla maggiore vita media residua (da 23,419 a15,025 anni) conseguente
alla diversa età in cui si può andare in pensione (da 57 a 71 anni), per cui:
- Più alta (71 anni) è l'età di pensionamento, maggiore sarà
l'importo pensionistico, perché minori saranno gli
anni residui da vivere (15,025 anni), sui quali viene
spalmato il montante contributivo accumulato dal lavoratore.
- Più bassa (57 anni) è l'età di chi richiede la
pensione, inferiore sarà l'importo,
perché maggiori sono gli anni di vita attesa (23,419
anni), sui quali devono essere distribuite più rate di pensione.
v ESEMPIO
DI CALCOLO MEDIO CONTRIBUTIVO DAL
2023:
a) Per tutti
quelli in pensione dal 2023 (con quota 103, di cui 41 anni di
anzianità contributiva) all' età di 62 anni, la
pensione sarà pari all'importo annuo di € 4.882, per ogni € 100.000
di montante, che viene:
- diviso per 20,485 (che è il "Divisore" espresso
in anni di aspettativa di vita, in relazione all'età di 62 anni in cui si
chiede la pensione), ovvero moltiplicato per la
conseguente percentuale (il "Valore") del
4,882% (percentuale che deriva dalla divisione tra il numero
fisso di 100 e il predetto Divisore di 20,485.
b) Per tutti
quelli in pensione (di vecchiaia) a 67 anni, la pensione
sarà di € 5.723, sulla base del montante di € 100.000 che,
ripeto, viene:
- diviso per 17,472 (che è il "Divisore" di
anni di vita attesa, segnalato a fianco di ciascun anno di pensionamento:
in questo caso pari a 67 anni), ovvero moltiplicato per la
percentuale (il "Valore") del 5,732%.
· Cioè: € 100.000 diviso per 17,472, ovvero moltiplicato
per 5,732% = € 5.723
c) Così via fino
all'età di 71 anni, con uguale speranza di vita (di
15,025 anni e importo pensionistico di € 6.655), per tutti coloro
che vanno in pensione a quella età.
|
CAP. II
IL CALCOLO CONTRIBUTIVO DELLA PENSIONE IVS
Ø SECONDO LA
DISCIPLINA ATTUARIALE DELLA SCIENZA STATISTICA
Ma è altrettanto vero, ripeto, che la predetta Tabella Ufficiale (come si
può facilmente riscontrare sopra, in dettaglio) è formata in modo tale che, accanto a
ciascuna età di pensionamento (da 57 a 71anni), viene indicata una
sola aspettativa di vita (da 23,419 a 15,025 di anni
residui), uguale per tutti i lavoratori che vanno in
pensione alla medesima età.
Questa impostazione “mono-numerica”, voluta dalla Riforma
“Dini”, contraddice nettamente il principio fondante su
cui si basa, invece, la Scienza statistica, secondo il
quale la flessione della mortalità non si distribuisce
uniformemente all'interno delle diverse classi sociali
Infatti proprio dal
sito ufficiale (istat.it), si rileva costantemente una
differente durata di previsione di vita che dipende
evidentemente da alcune specifiche caratteristiche di cui i
lavoratori-pensionandi siano in possesso, quali le seguenti
categorie/classi/status (elenco non esaustivo, riportato anche nell’immagine
sotto):
- della gravosità o meno dell'attività
lavorativa;
- del genere maschile o femminile (le
donne vivono di più);
- della
diversa ubicazione territoriale (al nord si vive di più, rispetto
al sud);
- del
livello scolastico (il laureato vive di più);
- delle
condizioni di salute (le patologie influenzano la durata della vita);
- di reddito e socio-economiche ecc.
(il povero vive di meno).
In parole semplici, cari elettori, nel metodo
ufficiale statistico-attuariale del calcolo contributivo,
collegato funzionalmente alla prospettiva
di vita differenziata tra cittadini, l'importo delle
pensioni deve essere determinato non solo in base all'età di
pensionamento e al montante contributivo (come stabilito dalla Riforma Dini) ma
anche rispetto al diverso decorso del ciclo di vita, anche,
evidentemente, nei confronti dei lavoratori che vanno in pensione alla stessa
età e identico montante:
Ø Secondo l’assioma di probabilità, in base al quale,
a parità di requisiti (età e contributi):
ü chi campa di
più riceve una pensione più bassa;
ü chi vive di
meno usufruisce di una pensione più alta.
SCIENZA STATISTICA: LA MORTALITÀ DIFFERENZIALE
§ I) SCIENZA STATISTICA: L’IMPORTO DELLA PENSIONE IVS DIPENDE DALLA DIVERSA DURATA STATISTICA DELL’ASPETTATIVA DI VITA
Per rendere in modo fruibile a tutti, specialmente a quelli non addetti ai lavori, il meccanismo articolato della suddetta regola della Scienza statistica, basata sulla variabilità statistica dell’aspettativa di vita - in contrapposizione a quella mono-numerica adottata dalla legge "Dini" - rappresenteremo, nel corso di questo Capitolo, una serie di:
ü ESEMPI "DI
SCUOLA", con
riferimento a due ipotetici gruppi di lavoratori, aventi
prospettive di vita diverse - per differenti variabili lavorative, socio-economiche/personali,
previste anche dal “sito Istat” - collocati a riposo alla stessa età e
con lo stesso montante contributivo di €. 100.000:
- 1° GRUPPO: Ogni lavoratore-pensionando, in condizioni di vantaggio, per ipotesi statistica, con dieci anni di vita attesa, deve riscuotere una pensione annua di € 10.000, per poter consumare l'intero montante accumulato (€ 100.000 di montante, diviso per il "Divisore" di 10 anni/ovvero moltiplicato per il Valore del 10%).
- 2°
GRUPPO: Ciascun
lavoratore-pensionando, invece, con cinque anni di
vita residua - più svantaggiato a causa delle peggiori condizioni di
vita in cui si trova - deve incassare (anche se ha la stessa
età di pensionamento e il medesimo montante rispetto al soggetto del primo
gruppo) un importo più alto, pari a €. 20.000
annue, per poter esaurire, nel tempo più breve di sopravvivenza, loro
concesso statisticamente, tutto il montante accumulato (€ 100.000 diviso
per 5 anni/ovvero moltiplicato per il 20%).
SCIENZA STATISTICA: ESEMPIO DI EQUITÀ ATTUARIALE
CAP. III
IL CALCOLO CONTRIBUTIVO DELLA PENSIONE IVS
Ø SECONDO
LA "VARIANTE" DELLA MEDIA ARITMETICA
DELLA RIFORMA “DINI”
Invece la Riforma "Dini", ha disatteso legislativamente
questo meccanismo scientifico di calcolo statistico basato sulla
“variabile speranza di vita”, impostando la Tabella ministeriale con il
blocco di una sola cifra numerica di anni di vita attesa (il “Divisore”), in
corrispondenza di ciascuna età in cui si chiede la pensione.
Pertanto noi rileviamo che la Riforma "Dini" e le
successive Disposizioni di legge, compresa la Riforma Fornero, hanno scorrettamente
e illecitamente modificato il canonico metodo statistico
di tipo probabilistico, sostituendolo con la seguente variante
discriminatoria - che noi abbiamo denominata del "pollo"
di Trilussa - che stravolge la predetta regola
attuariale della Scienza statistica (di cui si lamentava anche il poeta
già nell'800 con la poesia intitolata, appunto, “La Statistica”), in
base alla quale:
- A tutti
coloro che richiedono la pensione alla medesima età, viene attribuita, come si può riscontrare facilmente dall’allegata
Tabella ufficiale, un'unica aspettativa di anni
di vita restante, frutto di un semplice ricalcolo
ricavato dalla media aritmetica, come vedremo sotto,
al Cap. III, con la Tabella
C2/Istat dell’Ente Statistico, pubblicata in allegato al Decreto
Ministeriale di Revisione del calcolo dei coefficienti di
trasformazione dal
2023.
Infatti,
mettendo a confronto la predetta Tabella C2 (inclusa nel
predetto Decreto) con quella ufficiale, dimostreremo in modo
inconfutabile, che:
· L’aspettativa di vita prevista dal calcolo contributivo della Riforma "Dini", non tiene conto del principio scientifico-statistico che prevede diverse aspettative di vita (conseguenti alle diverse predette situazioni di tipo lavorativo, personale, di genere, geografico, di istruzione, di reddito, di salute, ecc.), che comportano:
- un differente importo della pensione, anche a parità di età di pensionamento e di contribuzione versata.
Insomma quello instaurato dalla Riforma "Dini" è un cd metodo pseudo-scientifico perché imperniato su una semplice operazione di media matematica tra alcune, limitate variabili, penalizzando, in questo modo quelli che statisticamente vivono di meno, ai quali la predetta illecita media “Dini”:
- alzando gli anni di vita attesa, abbassa l'importo pensionistico.
Come è mai possibile che nessuno abbia protestato per questo grave
vulnus, in vigore da oltre 26 anni, non solo alle pensioni dei
lavoratori più fragili, ridotte nell'importo, ma anche alla
stessa Costituzione, in base al “principio di ragionevolezza” della
uguaglianza sostanziale, di cui al comma 2 dell’art,3.
§ I) RIFORMA DINI: L’IMPORTO DELLA PENSIONE CALCOLATA IN BASE ALLA MEDIA ARITMETICA TRA LE DIVERSE ASPETTATIVE DI VITA
RIFORMA DINI: ESEMPIO DI CALCOLO DELLE PENSIONI CON LA MEDIA ARITMETICA
Pertanto, riportandoci all’esempio "di scuola" di cui sopra, i due
predetti indicatori di profilo statistico, attribuiti ai due gruppi di
lavoro, pari rispettivamente a 10 e 5 anni di aspettativa di
vita, (previsti nell’esemplificazione in base a precisi calcoli statistici di campionamento), vengono
sostituiti dalla Riforma Dini, da:
Ø Un
unico indicatore medio, pari a 7,5 (ottenuto,
dividendo per 2, gli anni di
vita, statisticamente previsti, pari a 10 + 5
anni), che rappresenta il nuovo parametro degli anni (virtuali)
residui, su cui viene calcolata la pensione, ed è valido
per tutti i lavoratori che vanno in pensione alla stessa età.
Da questo intervento normativo scorretto, ne
consegue, proseguendo nell’esempio, che i pensionati di entrambi gruppi percepiranno lo
stesso importo annuo di pensione (€ 13.333 = € 100.000:7,5 anni in media),
provocando una insopportabile e illecita discriminazione tra i
pensionati, a danno del più fragile che presenta una longevità
minore! Infatti:
1. I lavoratori-pensionandi del primo gruppo, più
favoriti per cui, come abbiamo scritto, statisticamente campano
di più (10 anni) - rispetto alla variante
“DINI”, che li fa fittiziamente vivere di meno (7,5
anni) – saranno avvantaggiati, perché
riceveranno per i dieci anni una maggiore pensione annua di € 13.333,3 (€ 100.000
diviso 7,5 oppure moltiplicato per 13,333%), anziché € 10.000 (=
€ 100.000 diviso 10 anni)
2. Gli altri del secondo gruppo, più
sfortunati - per cui statisticamente campano di meno (5 anni), rispetto
alla maggiore cifra di vita (7,5 anni), loro attribuita
virtualmente dalla “media Dini” - saranno svantaggiati perché
percepiranno per cinque anni un minore importo di pensione di € 13.333
(= € 100.000 diviso 7,5 anni medi di aspettativa di vita), inferiore a
quello dovuto € 20.000 (= € 100.000 diviso 5 anni di
aspettativa statisticamente definita).
RIFORMA DINI: ESEMPIO
DI INIQUITÀ ATTUARIALE:
Ø SVANTAGGIO
PER CHI VIVE DI MENO E
Ø VANTAGGIO
PER CHI VIVE DI PIÙ
§ II) DECRETO MINISTERIALE: CONFRONTO TRA LA
TABELLA C2 DELL’ISTAT (allegata al
Decreto Ministeriale) E LA TABELLA
UFFICIALE
Con la tabella C2 dell’Istat (riportata sotto e allegata alla
Nota Tecnica del Decreto, di cui è parte integrante) sulla base della quale è
stata costruita quella ufficiale, l’Ente Statistico
stabilisce, per esempio:
- che all’età di 62 anni (colonna n.1),
in cui un lavoratore/lavoratrice matura la pensione (e, cosi di seguito, fino a 71
anni), è segnalata a fianco nella colonna totale n.4, un’unica
cifra di Divisore totale per sesso (cioè gli anni di aspettativa
di vita), pari a 20,485 anni (riportata
integralmente nella colonna 6 della Tabella
Ufficiale), che va diviso per il montante, (per esempio € 350.000), per
trasformarlo nell’ importo annuale della pensione da
riscuotere, pari a € 17.086):
ü Ebbene il predetto divisore di 20,485 anni di aspettativa di vita, non è altro che il risultato della media aritmetica (???) tra 20,320 di anni residui del Divisore dei maschi (colonna n. 2) e 20,650 del Divisore delle femmine (colonna n. 3), come si può agevolmente riscontrare dalla sotto indicata Tabella C2/Istat !
Cari lettori, da un documento ufficiale, allegato e pubblicato insieme al Decreto Ministeriale, risulta in modo incontrovertibile e senza tema di smentite, che l’Istat certifica i nuovi parametri demografici (con la predetta Tabella C2) - che quindi vanno a modificare ufficialmente i nuovi coefficienti ufficiali dal 2023 - semplicemente in base al risultato di una semplice operazione di media aritmetica, anziché in base a calcoli statistici (20,320 + 20,650: 2 = 20,485)!!
ESEMPIO DEL CONFRONTO FRA DUE LAVORATORI CHE NEL 2023 A 62 ANNI E CON LO STESSO MONTANTE DI € 350.000, MATURANO LA SEGUENTE PENSIONE: CHI CI PERDE E CHI CI GUADAGNA!
-Dall’analisi
della sotto indicata Tabella C2/ISTAT (implementata da noi in
tre riquadri) – posta al confronto con la Tabella Ufficiale:
1) Il
lavoratore che, a 62 anni, decide di andare in pensione nel 2023, con un
montante di € 350.000 e con una prevista longevità (come risulta più sopra dalla tabella c2 Istat) pari a 20,320 anni di aspettativa di vita (vedi sotto: riquadro n.1),
- perde soldi sulla pensione (che sarebbe a lui dovuta pari
a €
17.224: riquadro n. 1), riscuotendo
invece la somma inferiore di € 17.085 (vedi sotto: riquadro n.3)), scaturita:
-In base alla media aritmetica (stabilita dalla Legge Dini) tra il Divisori dei maschi e delle femmine, che gliela aumenta surrettiziamente da 20,320 a 20,485 anni residui.
- Ricordate: “Più aspettativa, meno pensione”
2) Mentre il lavoratore che, a 62 anni presenta, statisticamente, una longevità maggiore, (come prevista dalla scienza statistica, per condizioni lavorative migliori, per genere, per ubicazione territoriale migliore, per un livello di scolarità più alto, per status socio-economico più elevato, ecc.) pari a 20,650 anni di aspettativa (come risulta più sopra dalla tabella c2 Istat, per i maschi, vedi riquadro n.2)
- ci guadagna sulla pensione (che sarebbe a lei dovuta, di € 16.949: riquadro n. 2), riscuotendo invece un importo maggiore pari a € 17.086 (riquadro
n.3) scaturito:
-In base al calcolo medio dell'aspettativa di vita dell'Istat che gliela riduce virtualmente da 20,650 a 20,485 anni:
- “Meno aspettativa, più pensione”
ü QUESTA MODIFICATA DALL’ISTITUTO DI STATISTICA
ITALIANO, IN BASE ALLA MEDIA ARITMETICA FRA DUE ASPETTATIVE DI
VITA
- LE CUI DURATE SONO INVECE DEFINITE
DALLA SCIENZA STATISTICA, ATTRAVERSO UN RIGOROSO CAMPIONAMENTO DEI DATI!
§ III) RIFORMA DINI: DISCRIMINATI I PENSIONATI PIÙ FRAGILI
Capite
cari lettori, il metodo pseudo-scientifico del calcolo
della pensione (così come è stato realizzato dalla Riforma Dini,
rispetto ai canonici criteri statistici), penalizza i pensionati
più fragili che statisticamente vivono di meno, perché la Legge Dini allunga
loro artificialmente la durata della vita restante, per cui
risulteranno tre volte sfortunati, perché:
- Hanno
condizioni di vita più sfavorevoli, rispetto agli altri del
primo gruppo.
- Quest’ultime
accorciano loro la durata della vita;
- Lo Stato
(anzi, la Riforma "Dini") “impone” una
pensione inferiore a quella dovuta (€ 13,333,
anziché € 20.000, come nell’esempio), in base ad un mero
calcolo di media matematica che allunga loro virtualmente la
l’aspettativa di vita!!
Esattamente come
nella poesia della "statistica" del poeta
Trilussa, in cui i cittadini più poveri ("... risurta che te
tocca un pollo all'anno, anche se nun entra nelle spese tue") sono
costretti a finanziare una parte del reddito dei più ricchi ("t'entra
ne la statistica lo stesso, perché c'è un antro che ne magna due")!
CAP. IV
LA DISCRIMINAZIONE NEL CALCOLO
TOTALE TRA:
- TUTTA LA
CONTRIBUZIONE VERSATA E
- LA PENSIONE COMPLESSIVAMENTE RISCOSSA
§ I) RAPPORTO SPEREQUATO AI DANNI DEI PENSIONATI PIÙ DEBOLI
Non
solo, ma da questa gravissima situazione di irregolarità/illeceità operata
dalla Riforma Dini, scaturisce anche l'esito di un evidente squilibrio della “catena” tra tutta la somma di pensione ricevuta nell'arco del periodo di
pensionamento e quella dell’intero montante contributivo versato, naturalmente
sempre a scapito "dell'anello” più debole.
Infatti ci risuona ancora nelle orecchie, la voce quasi
unanime della stampa, dei mass media, dei politici e anche degli addetti
ai lavori, che "il contributivo è un calcolo equo perché restituisce complessivamente in
pensione, esattamente ciò che si è accumulato in
versamenti contributivi":
Non
è vero, è una fandonia, è falso, è un’autentica “leggenda
metropolitana”, così come è stato attuato dalla Riforma “Dini” e dalla
Legislazione successiva!
ü Altro
che "distribuzione equa", il contributivo è un sistema redistributivo
ingiusto, discriminante e penalizzante, così come è applicato dall'
Inps alle pensioni obbligatorie IVS, come dimostreremo proseguendo nel sotto
riportato esempio:
v ESEMPIO DELLA CONSEGUENZA DEL MANCATO EQUILIBRIO TRA PENSIONE COMPLESSIVA E L’INTERO MONTANTE ACCUMULATO
1°.
Nel primo gruppo, più fortunato, ogni pensionato – per
tutta la durata di vita residua, per ipotesi prevista statisticamente
in 10 anni (abbassati a 7,5 anni che sono virtuali, perché
scaturiti dalla “media Dini") - potrà riscuotere, in
totale:
- €
133.333 di pensione (€ 13.333,3 X 10 anni
di aspettativa statistica di vita), per cui la
somma globalmente riscossa, risulterà superiore al
totale del montante versato di €.100.000!!
2°.
Nel secondo gruppo, invece, ciascun pensionato - per il tempo di vita
previsto dal campionamento statistico, pari a 5 anni di vita
rimanente (alzati a 7,5 anni virtualmente dalla “media Dini”) – incamererà complessivamente:
- € 66.667 di pensione (€ 13.333,3 X 5 anni di aspettativa statistica di vita), per cui l’importo complessivamente incassato, sarà addirittura minore rispetto a quello versato per contributi pensionistici, durante la vita lavorativa (€ 100.000).
ü In questo caso non riuscirà nemmeno ad
esaurire l'intero montante contributivo accumulato! Incredibile,
ma vero!
RIFORMA DINI: IL LAVORATORE PIÙ FRAGILE FINANZIA UNA PARTE DELLA PENSIONE DEL LAVORATORE PIÙ FORTE!!!!!
§ II) RAPPORTO BILANCIATO SOLO PER LO STATO
Come si riscontra chiaramente dal suddetto esempio, il principio di
equilibrata corrispettività fra contributi e pensione, tanto conclamato dai
molti sapientoni, riguarda solo le casse dello Stato che,
grazie alla compensazione di tipo aritmetico, alla fine, per ogni due
pensionati (appartenenti rispettivamente ai due gruppi, come nell'esempio),
"spenderà" complessivamente in pensione €.200.000 (€ 133.333
+ € 66.667), esattamente ciò che "riceve" in
contributi versati dai lavoratori, pari a € 200.000 (€
100.0000 + € 100.0000).
§ III) DISPERAZIONE E SCONFORTO DEI PENSIONATI SVANTAGGIATI
Evidentemente,
a quasi nessuno interessa che, all'interno di questo formale e apparentemente equilibrato
rapporto, si verificano, invece:
- Discriminazioni
e disparità di trattamento: Lavoratori
agevolati che incassano di più di quanto hanno versato in
contributi, al contrario di altri che non riescono nemmeno a esaurire
tutto il montante accumulato.
- Disperazione e sconforto nei confronti di milioni pensionati, specialmente quelli in precarie condizioni personali e socio- economiche, considerati dallo Stato figli di un dio minore, che subiscono in silenzio l'ennesimo affronto di vedersi diminuire ulteriormente la già misera pensione cui avrebbero diritto, a vantaggio di altri. Ma noi non saremo in silenzio. Mai!
UNA CONSIDERAZIONE FINALE DA RIVOLGERE AL DECISORE POLITICO:
- non sembra strano e fuori da ogni realtà statistica/attuariale, che tutti coloro che vanno in pensione alla stessa età abbiano la stessa aspettativa di vita, a prescindere dalle diverse condizioni lavorative, personali, socio-economiche, di genere, ecc. in cui si trovano ?!
CAP. V
I "DANNI COLLATERALI" DEL METODO CONTRIBUTIVO:
LE ULTIME "TRE PERLE" DELLA RIFORMA DINI
Il metodo di calcolo
“realizzato” dalla Riforma Dini sta provocando, come abbiamo visto più sopra,
non solo evidenti e ingiustificati discriminazioni e lacerazioni tra i
lavoratori/pensionandi, ma anche ulteriori danni economici “collaterali” che si
produrranno nel tempo, alle future pensioni contributive.
§ I) LA SALVAGUARDIA DELL’
INTEGRAZIONE AL MINIMO DI LEGGE
NON È APPLICATA ALLE PENSIONI CONTRIBUTIVE
"Alle pensioni liquidate esclusivamente con il sistema contributivo, non
si applicano le disposizioni sull'integrazione al minimo" (circa €. 563,73 nel 2023). Così dispone
testualmente la Legge "Dini", creando, tra l'altro, una grave lacerazione:
ü Tra i lavoratori che
usufruiscono del calcolo retributivo (18 anni di contributi al 31.12
1995), che sono ammessi al trattamento minimo
ü e quelli che iniziano a
lavorare dal 1° gennaio 1996 (calcolo contributivo)
Pensate
cari lettori, il "danno collaterale" che provocherà
questa “perla” regalata dalla Riforma "Dini":
- L'importo
delle pensioni contributive - senza la salvaguardia della solidarietà
sociale sottesa al diritto per legge del trattamento minimo - potrebbe
anche toccare livelli minimali, quasi irrisori, come, per
esempio, circa € 100 mensili (cento euro), da corrispondere
proprio ai pensionati più fragili (lavoratori invalidi al lavoro, con il
minimo di 5 anni di lavoro), a quelli che muoiono prematuramente (pensioni
ai Superstiti con soli 15 anni di contributi), ovvero, a coloro che
prestano attività lavorativa, retribuita in misura esigua (lavoratori
domestici, ecc.).
Una
scelta legislativa vergognosa che da 25 anni sta “toccando” la vita,
specialmente, di quei lavoratori e delle loro famiglie che avrebbero più
bisogno di un sostegno civile.
Un’autentica infamia per un Paese civile, di cui quasi
nessuno si ribella a questa indecente operazione di cassa operata
da "Dini" che, con questa ulteriore disposizione, ha riconfermato,
ove ce ne fosse bisogno, che la sua Riforma ha avuto, come prevalente
obiettivo, quello di produrre un Sistema tendente a ridurre quanto più
possibile il complesso degli importi delle pensioni in pagamento.
§ II) RIVALUTAZIONE/SVALUTAZIONE DEL
MONTANTE CONTRIBUTIVO
IN BASE AL PIL
Il
nuovo sistema di rivalutazione/svalutazione in base al Pil (non al tasso di
inflazione) riguarda la generalità dei lavoratori dipendenti, la
cui quota di pensione viene calcolata in tutto o in parte con il calcolo
contributivo. Cioè:
1. Non solo, ai lavoratori che hanno iniziato l’attività
lavorativa dal 1.1. 1996.
2. Ma anche a tutti gli altri che hanno
versato meno (calcolo misto) o più (calcolo
retributivo) di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995: per quest'ultimi, la
quota di pensione contributiva si applica a partire dal 1° gennaio 2012,
“grazie” alla Riforma “Fornero”.
La Riforma “Dini”, sul tema in esame, ha infatti disposto che:
- Il
montante contributivo accumulato dal singolo lavoratore, "si
rivaluti al 31 dicembre di ciascun anno (con
esclusione della contribuzione dello stesso anno), in base alla
variazione media quinquennale del Prodotto interno lordo", al
fine di poter procedere al recupero del potere di acquisto (?) dei
contributi più remoti, tratti dalle retribuzioni dei lavoratori, nel corso
della vita lavorativa.
Una semplice riflessione preliminare, al riguardo:
· Come mai la riforma Dini
è ricorso al PIL, per rivalutare i contributi, anziché al tasso
d'inflazione annuale (come avviene in tutti i Paesi d'Europa e anche per le
pensioni retributive) che rappresenta l'unica e riconosciuta
formula in grado di misurare l’eventuale perdita
della potenzialità di acquisto della contribuzione?
Cari lettori, è come se qualcuno volesse misurare
il peso corporeo con il metro sartoriale, anziché con la bilancia! Un'altra
assurdità!
Qual è il "danno
collaterale"? Negli ultimi anni, l’indice del PIL (che,
ripetiamo, rappresenta la ricchezza prodotta nel Paese e non la misura
della perdita, nel tempo, del valore dei contributi), è
notevolmente sceso per effetto della crisi economica iniziata a partire dal
2008, continuando per gli anni successivi al 2019 a causa del Covid e della
guerra in Ucraina, per cui la sua inesorabile caduta comporta
conseguentemente una minore/nulla rivalutazione dei montanti accumulati nel
corso degli anni e, quindi, della futura
pensione:
-Gli
esperti hanno accertato, con specifiche e
condivise simulazioni, che per un neo assunto, un solo punto di Pil medio in
meno, durante la sua vita lavorativa, determina, "a cascata", una
perdita della pensione, rispetto alla retribuzione, di circa 20 punti
percentuali!
v LA SALVAGUARDIA PARZIALE
Ø Decreto
Legge 65/2015, art.5, comma 1:
Addirittura, l'attuale, terribile fase pandemica e di guerra, in cui l’indice
ha assunto valori nettamente negativi (- 9% /-12%,), comporterà,
inevitabilmente per tutti i lavoratori, che le somme finora accantonate, non
saranno né rivalutate né per fortuna, per il
momento, svalutate (l'indice sarà uguale a 1, anche se
inferiore, per cui moltiplicandolo per l'importo contributivo, quest'ultimo non
subirà variazioni:
· Abbiamo
sottolineato: "...per il momento...", perché su
questa opportuna decisione, di non svalutare la
contribuzione versata, conseguente al Pil negativo, il legislatore si è “pentito” stabilendone,
nientedimeno, di “procedere al recupero, sulle rivalutazioni
successive”!
Capite,
cari lettori, l’assurdità di una “vendetta” contro i
lavoratori da parte di una legge “matrigna” che si
intestardisce a riscuotere successivamente l’importo della mancata
svalutazione dei contributi, dovuta a emergenze planetarie, di cui non
sono responsabili certamente i lavoratori:
- Per
esempio, una somma annuale di €.10.000 per contributi versati, non solo
non si rivaluta, ma diminuisce anche nell'importo pagato
dal salario dei lavoratori, a favore delle Casse dello Stato!
v LA SALVAGUARDIA LIMITATA
Ø Legge
di conversione del decreto n.109/2015, art 5 comma 1bis
Poiché "al peggio non c'è mai fine", un ulteriore "danno
collaterale" sulle pensioni, in tutto o in parte contributive,
sarà il seguente:
Infatti
la Legge di conversione, ha disposto, con grande magnanimità (?) una clausola
di salvaguardia limitata, per cui: “solo in sede
di prima applicazione …. non si fa luogo al recupero sulle
rivalutazioni successive”.
Pertanto, considerata che l’attuale
situazione fortemente negativa del PIL è destinata a protrarsi nel tempo, la
spietata previsione legislativa annullerà i vantaggi di un
prevedibile e auspicato rimbalzo positivo del PIL, post crisi, con la
conseguenza che:
Ø Il
montante contributivo dei lavoratori non potrà essere rivalutato nemmeno
negli anni in cui il PIL fosse positivo, perché - dopo l’anno
di prima applicazione in cui scatta la parziale clausola di salvaguardia - si dovrà procedere al recupero forzato
della mancata svalutazione, negli anni successivi al
primo!
SALVAGUARDIA LIMITATA NEL 2020
Legge di conversione 109/2015 art. 5 comma bis
§ III) L’INCREMENTO PROGRESSIVO DELLA SPERANZA DI VITA.
Il "terzo danno collaterale" è rappresentato dal
micidiale e automatico ingranaggio di profilo statistico, per cui: "Più
si vive, meno si guadagna".
Infatti il combinato disposto, collegato all’aumento progressivo, nel
tempo, della speranza di vita, comporta, da un lato, il contestuale aumento dei
requisiti anagrafici e contributivi e dall’altro, la
diminuzione dell’importo delle pensioni:
III a) PROGRESSIVO AUMENTO DEI REQUISITI PENSIONISTICI
La speranza di vita, nel corso degli anni, a
partire dal 2013 e fino al 2020 (nel biennio 2021/2022/2023 è rimasta
inalterata), è progressivamente cresciuta fino a 12 mesi, innalzando:
· L’età
pensionabile, nella stessa misura: (da 66 a 67 anni, dal 2019 fino
al 2024).
· I requisiti
contributivi per la pensione anticipata, sono aumentati di sette mesi (da
42/41anni e 3 mesi a 42/41 anni e 10 mesi di contributi,
rispettivamente, per uomini e donne, dal 2016 fino al 2026), con
finestra mobile di 3 mesi.
Anche
per questa previsione legislativa - che ha stabilito che fosse
uguale per tutti anche il predetto incremento della
vita attesa - bisogna effettuare l'analogo
ragionamento, che abbiamo fatto in precedenza, sulla esigenza demografica
di una diversa durata complessiva dell’aspettativa
di vita, dovuta alle specifiche fattispecie di vantaggio/svantaggio in cui si
dovessero trovare i lavoratori-pensionandi, rispetto ad altri:
- Cari
lettori, si può mai credere che un lavoratore più svantaggiato (per
esempio, lavoratore addetto a lavori pesanti/rischiosi, ovvero, di modesta
condizione economica e sociale, senza istruzione, che vive in zona
degradata, di genere maschile, ecc.) debba subire l’incremento della
speranza di vita nella stessa misura di un altro
lavoratore che si trova in una posizione più favorevole?
La
Scienza statistica e anche l’Istat (vedi sito ufficiale) lo escludono categoricamente,
a differenza del Legislatore “Dini”, contro ogni evidenza di
ragionevolezza e di natura scientifica!
III b) LA PROGRESSIVA DIMINUZIONE DELLA PENSIONE
Inoltre, sempre a seguito dell’aumento della speranza di vita, (tranne negli anni del Covid) i due predetti coefficienti (“divisore e valore”) che, contestualmente, trasformano il montante in pensione, sono stati modificati, per la quinta volta, determinando l'ulteriore ribasso degli importi pensionistici, nel seguente modo:
- Il “Divisore” è stato aumentato negli anni di aspettativa dopo la pensione
- Il “Valore”, conseguentemente, è stato diminuito nella
percentuale.
-ESEMPIO: Differente importo
tra due pensionati, collocati a riposo, rispettivamente, nell’anno 2009,
ovvero nel 2023, con la medesima età (64 anni)
e con lo stesso montante di € 300.000:
Ø Con
decorrenza dal 2009, la pensione annuale ammontava a €
17.733 (€ 300.000 diviso per 16,917 - che era il "Divisore" in
vigore all’epoca - ovvero moltiplicato per 5,911%, che era il precedente "Valore" in
percentuale).
Ø Dal
2023, la stessa pensione annuale, invece, si riduce a € 15.553
(€ 300.000 diviso per 19,289 che è il
nuovo "Divisore", (aumentato), ovvero moltiplicato per
5,184% che è l’attuale "Valore", (diminuito), in
percentuale.
In conclusione, il pensionato che riscuoterà la pensione nel
2023, rispetto al suo omologo che l'ha ricevuta nel 2009,
a causa dell'aumento progressivo della speranza di vita, subirà una
riduzione economica di ben € 2.180: Altro futuro "danno
collaterale" per i nostri figli e
nipoti!
Cari lettori, lasciatemi formulare una amarissima riflessione:
Questa continua e progressiva erosione della nostra pensione, inarrestabile
fino all’età della pensione per i nostri giovani, ci fa quasi rimpiangere di
vivere più a lungo!
CAP. VI
L’ INADEGUATEZZA DELLA PENSIONE
CONTRIBUTIVA
Il principio di profilo costituzionale circa l’adeguatezza delle
retribuzioni (artt. 36/38) e quindi anche delle pensioni
contributive, sarà il tema prevalente di discussione negli anni a venire,
perché tra stipendi bassi, lavori discontinui, il prolungamento delle possibili
cadute del PIL, a cui è agganciata la rivalutazione/svalutazione dei contributi
versati, insieme ai descritti "danni collaterali":
- Gli
importi delle pensioni di tutti i lavoratori e, specialmente, dei giovani
soggetti al sistema di calcolo interamente contributivo, rischiano di
essere troppo scarsi e anche erosi progressivamente nel tempo,
peraltro senza l'ombrello del minimo vitale, generando una esplosiva bomba
di natura sociale, di non facile soluzione.
Noi, con questo post, abbiamo voluto dare un modesto contributo al
dibattito, chiarendo alcuni aspetti della persecutoria normativa previdenziale,
non cogniti a tutti.
§ I) IL CONTRIBUTIVO É INIQUO, DISCRIMINANTE E INADATTO A CALCOLARE LE PENSIONI PUBBLICHE
Pertanto, possiamo, senza alcun dubbio, riaffermare che il metodo
contributivo risulti:
-
Da un lato, iniquo e discriminante in quanto per la sua natura
pubblica/obbligatoria - non potendo essere disciplinato rigidamente dalla
disciplina attuariale - con la variante legislativa “del pollo di
Trilussa” - alimenta distinzioni e discriminazioni tra pensionati
(come spiegato in particolare dalle esemplificazioni riportate più sopra).
-
Dall'altro, inadatto alle pensioni obbligatorie IVS, perché l'importo
della pensione, in attuazione della sopradetta regola attuariale, dovrebbe
essere tarato non solo sul montante contributivo e sull'età di pensionamento,
ma anche sulla differente durata statistica della vita
rimanente, in rapporto ad alcune variabili personali, territoriali e socio
economiche, accertate dall'Istat:
Ø
Il modello esemplificativo “di scuola” di
tale iniquità/inadeguatezza, è quella di due lavoratori assunti nella stessa
data e che vanno in pensione con la stessa retribuzione e i medesimi
requisiti:
- Ebbene, il lavoratore (che statisticamente vive di più, per le condizioni di genere, di scuola, di territorio, lavorative, per status sociale/economico, in cui si trova) dovrebbe riscuotere comunque una pensione inferiore rispetto al lavoratore che presenta condizioni più disagiate che gli riducono statisticamente la durata dell'aspettativa di vita.
Questa è la
scienza statistica, lo ripetiamo fini alla noia: chi vive di
meno, a parità di condizioni anagrafiche /contributive, deve riscuotere
una pensione più alta!
Risulta evidente che il quadro sopra esposto si dimostra difficilmente
modificabile sul piano procedurale e sociale, perché imporrebbe
all'INPS:
1. Da un lato, l’onerosa singola
verifica - per tutti coloro che richiedono la pensione alla stessa età - della
valutazione della classe di appartenenza in cui devono essere inseriti (come,
d'altronde, avviene nelle assicurazioni private, però con numeri diversi e
molto più limitati);
2. dall'altro, la proliferazione di
pensioni d'annata di differente importo, anche a parità di
condizioni anagrafiche e di anzianità contributiva.
- RIMUOVERE IL CALCOLO MEDIO CONTRIBUTIVO DALLE RIFORME
"DINI" / “FORNER
- E
INSERIRE COEFFICIENTI DIFFERENZIATI
Per tale ragione, ribadiamo con forza che vada proposta la correzione della
Riforma "Dini" e di tutte le successive Disposizioni di
modificazione /integrazioni legislative, nonché della
Riforma "Fornero", nella parte in cui è stato legiferato in
materia di calcolo medio contributivo, in
quanto esso, non solo è inadatto a calcolare le
pensioni IVS, ma è anche illecito e irregolare,
perché colpisce, senza alcuna motivazione giuridica e morale,
"il più debole a vantaggio del più forte", come abbiamo ripetuto
in tutte le sedi pubbliche e, in ultimo, recentemente alla Sala dei Convegni
presso il Senato della Repubblica.
§ II) LA LEGGE “PRODI” n. 247: COSA AVEVA STABILITO NEL 2007!
Nel 2007, la legge Prodi aveva
iniziato a tracciare un percorso per istituire coefficienti differenziati “per
categorie di lavoratori con longevità ridotta”.
Ma tutto si è risolto nel nulla! La Commissione non si è mai riunita!
Ad avviso dell'Autore, considerato che la Tabella Ufficiale è unica, per cui chi usufruisce delle flessibilità dell'età di pensione - avendo per esempio un'aspettativa minore per lavori gravosi - avrà un coefficiente inferiore rispetto a chi andrà in pensione a 67/71 anni.
Tali considerazioni inducono, peraltro, a ritenere non esaustivi, insufficienti e inappropriati i "tavoli" ministeriali relativi solo al parametro della flessibilità, trascurando, peraltro, tutti gli altri esposti più sopra, che dovrebbero prevedere più coefficienti differenziati, che pure influiscono sulla vita attesa e, quindi, sull’importo della pensione.
§) III) DUE LE PROPOSTE ALTERNATIVE AL DECISORE POLITICO
1a. LA PROPOSTA DI ISTITUIRE COEFFICIENTI DIFFERENZIATI, COME DESCRITTA NELL’IMMAGINE SOTTO-RIPORTATA:
2a. PROPOSTA ALTERNATIVA AL DECISORE POLITICO, DEL CALCOLO RETRIBUTIVO, COME DESCRITTA NELL'IMMAGINE SOTTO TIPORTATA:
A TAL PROPOSITO, L' AUTORE SOTTOLINEA LA NECESSITA' DI APPORTARE PRELIMINARMENTE DUE CORREZIONI AL SISTEMA RETRIBUTIVO:
1) La media retributiva pensionabile dovrebbe essere calcolata in base a tutte le retribuzioni percepite durante la vita lavorativa, così come avviene nel contributivo
2) Obbligo per i lavoratori di autofinanziare l’equilibrio contabile della spesa per le pensioni IVS.
CAP.VII
IL CALCOLO RETRIBUTIVO:
UNICO SISTEMA DI CALCOLO RICONOSCIUTO DALLA CORTE COSTITUZIONALE
Considerati gli esiti socialmente inaccettabili, conseguenti
alla pur corretta applicazione della regola attuariale alle pensioni
obbligatorie Inps e il notevole e ricorrente avanzo positivo della Gestione
finanziaria del Bilancio Inps, nel cui ambito risulta presente ancora un
rilevante numero di pensioni IVS retributive:
Ø Non
sarebbe il caso di passare dal sistema contributivo a quello
retributivo, correlato a tutto il salario percepito durante la
vita lavorativa, in linea, peraltro, con i giudicati
della Corte Costituzionale, tutti indirizzati a considerare le
pensioni, quali "retribuzioni differite, collegate
alla qualità e quantità di lavoro svolto in passato, del quale lo stato di
pensionamento costituisce un prolungamento ai fini previdenziali"(C.C.
n. 173/1986)?
§ I) LA PENSIONE È CONSIDERATA UNA RETRIBUZIONE DIFFERITA
Peraltro, negli anni successivi, seguirono, com'è noto, una serie di sentenze,
emesse dal Giudice delle leggi, che hanno ribadite, tutte, lo stesso principio
di diritto, tanto da essere definitamente considerato "ius receptum" nell'
Ordinamento nazionale, come testualmente attesta nelle sue numerose sentenze:
"Il
trattamento previdenziale, avente natura di retribuzione, anche se
differita, deve garantire una vita libera e dignitosa non solo al lavoratore, ma anche
al pensionato, in base al combinato disposto degli art. 36 e 38 della
Costituzione"
§ II) ALIQUOTE DECRESCENTI DI RENDIMENTO
Inoltre,
bisogna considerare che il Sistema retributivo è strutturato in modo tale che,
rispetto ad una retribuzione annuale al disopra di € 48.279 mila (al
netto circa € 30 mila), la percentuale di calcolo della pensione
retributiva si autoriduce automaticamente, fino ad arrivare a un
rendimento dello 0,90% (anziché il 2%), per una retribuzione
annuale oltre € 91,730 mila euro, come da dettaglio delle aliquote
decrescenti riportate sotto:
In conclusione, preme all'Autore formulare una semplice considerazione da rivolgere al Decisore
politico:
v Le
sembra conferente, giusto, equo, adeguato, proporzionato ai sacrifici
finanziari dei lavoratori, un tale sistema previdenziale di calcolo
contributivo della pensione, ivi compresi i successivi “danni collaterali”,
previsti dalla normativa, che non solo concorrono ad abbassare le
pensioni, ma operano una serie di discriminazioni fra lavoratori-pensionandi,
contravvenendo ad ogni regola di buon senso, di adeguatezza
remunerativa e di natura scientifica-statistica, ancora più odiosa, perché a
discapito specialmente dei lavoratori più svantaggiati e della loro
famiglia, proprio nel periodo del meritato collocamento a riposo?
PARTE SECONDA
IL BILANCIO INPS 2019 A) I CONTRIBUTI IVS,
IN ENTRATAB) LA SPESA PER
PENSIONI IVS, IN USCITA
CAP. I
LA CONTRIBUZIONE OBBLIGATORIA
§ I) LA NATURA ASSICURATIVA (IVS) DELLA CONTRIBUZIONE PREVIDENZIALE OBBLIGATORIA, VERSATA DAI LAVORATORI
Dall’analisi
di quanto riportato dal Portale “Inps.it”, “I contributi previdenziali”, si rileva testualmente che la contribuzione
previdenziale versata dai lavoratori, assuma una duplice funzione.
- Da un lato, rappresenta un vero e proprio” premio assicurativo”
accumulato dal lavoratore per assicurarsi contro un
determinato evento che possa renderlo non idoneo alla prestazione come la
malattia, la maternità, la disoccupazione ovvero, in particolare, in
caso di invalidità al lavoro, vecchiaia e ai superstiti con la
pensione IVS.
- Dall’altro, costituisce un rapporto di corrispondenza
con la prestazione, confermando la concezione
assicurativa del Rapporto Previdenziale.
- l’Inps, allineandosi al dettato costituzionale, conferma la natura assicurativa di tipo privatistico e ribadisce sostanzialmente, che siamo di fronte ad un vero e proprio meccanismo
di polizza assicurativa vita/morte, con
l’unica differenza che i contributi, nel sistema pubblico, sono resi obbligatori
per legge
§ II) L’ENTITÀ DELLA CONTRIBUZIONE DIPENDE DALLA CLASSIFICAZIONE, DISPOSTA DALLA LEGGE, PER LE SEGUENTI E VARIE FORME DI ASSICURAZIONE.
1) INDUSTRIA
2) ARTIGIANATO
3) AGRICOLTURA
4) TERZIARIO
5) CREDITO, ASSICURAZIONE, TRIBUTI
6) ATTIVITÀ VARIE
L’ASSICURAZIONE PENSIONISTICA IVS È CONSIDERATA DALL'INPS COME UNA POLIZZA VITA/MORTE
LE ALIQUOTE CONTRIBUTIVE PER ASSICURARE
I LAVORATORI CONTRO DETERMINATI EVENTI
CAP.II
LE ENTRATE CONTRIBUTIVE 2019 VERSATE DAI LAVORATORI
PER FINANZIARE IL SISTEMA ASSICURATIVO DELLE PENSIONI IVS
Le entrate contributive (comprensive dei trasferimenti per coperture figurative, sgravi e agevolazioni contributive), versate dai lavoratori per le pensioni IVS, prelevate dal loro salario, nel 2019, ammontano a € 197,9 miliardi:
CAP. III
L’USCITA PER LA SPESA DELLE PENSIONI IVS AL
LORDO DELL’ IRPEF NEL BILANCIO INPS 2019
§ I) LA SPESA LORDA PENSIONI IVS SECONDO IL CONSIGLIO DI INDIRIZZO E VIGILANZA DELL’INPS: IL RENDICONTO SOCIALE DELL’ANNO 2019 -
Il Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’Inps (che è l’Organo deputato, per legge, ad approvare annualmente il Bilancio dell’Ente), ha attestato testualmente a pag.21 che: “Le spese per prestazioni pensionistiche a carico del gettito contributivo sono pari a 212,9 miliardi”.
§ II) LA SPESA LORDA DELLE PENSIONI IVS SECONDO IL CENTRO STUDI “ITINERARI PREVIDENZIALI”: BILANCIO INPS DEL 2019.
§ III) LA SPESA LORDA DELLE PENSIONI, SECONDO LA CORTE DEI CONTI: LA RELAZIONE SUL BILANCIO INPS DEL 2019
§ IV) L’ESCLUSIONE DELLA SPESA
ASSISTENZIALE, DISPOSTA DALLA LEGGE, A CARICO DELLA FISCALITÀ
GENERALE, GESTITA DALLA GIAS/INPS
Tale spesa complessiva dalle pensioni IVS, come si rileva, ripetiamo, dal
Rendiconto Sociale 2019 del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza, Organo
Collegiale dell’Inps, è al netto della spesa
assistenziale, gestita dalla GIAS, pari a 113,9 a carico della Fiscalità
Generale.
D’altronde l’art. 3, comma 1, della legge 9 marzo 1989, n.88 (Riforma
del Sistema pensionistico) dispone testualmente che:
Ø “l’Istituto
è tenuto a compilare uno Stato Patrimoniale e un Conto economico
(Bilancio) al netto della Gestione degli interventi
assistenziali e di sostegno alle Gestioni previdenziali di cui all’art.
37”
§ V) IN PARTICOLARE, L’ESCLUSIONE DELLA QUOTA PER IL RIPIANO DEI DISAVANZI DELLE GESTIONI PENSIONISTICHE (12,5mld) A CARICO DELLA FISCALITÀ GENERALE - GIAS
Come testualmente attesta il CIV/INPS nel Rendiconto Sociale 2019 a pag.
22, 1° capoverso, resta a carico della Fiscalità Generale /
GIAS (acronimo che indica anche “sostegno alle gestioni
previdenziali”), la spesa della “quota per il ripiano dei
disavanzi delle Gestioni pensionistiche che il legislatore ha considerato, per
ragioni sociali, da sostenere”.
Ciò
in considerazione delle Realtà industriali di quegli anni ‘70/‘80/’90, in cui
il massiccio ricorso ai prepensionamenti, per aziende decotte o da
ristrutturare/abolire, era considerato alla stregua di un
ammortizzatore sociale:
· Una
per tutte, lo Stabilimento siderurgico dell’Ilva di Bagnoli, uno dei più grandi
d’Europa, dismesso nel 1992, con oltre 25 mila prepensionamenti.
· La
Ristrutturazione delle Poste, delle FF. SS., dell’Alitalia, ecc.
· L’abolizione
delle Imposte di Consumo, Portuali, Spedizionieri Doganali
Oltre
che per una legislazione “permissiva”, dovuta ad una crescente disoccupazione,
specialmente nel Sud:
Ø Come
quella relativa alla concessione, ante 1984, delle pensioni d’invalidità sulla
base dell’incapacità di guadagno (?), anziché di lavoro.
Ø Le
pensioni anticipate, a sostegno delle aziende in crisi
Ø In
ultimo, alcune Gestioni Previdenziali in perdita, che sono affluite in Inps,
come quella dei Dipendenti pubblici, con un saldo negativo, nel 2019, di oltre
11 miliardi, come vedremo più sotto al Capitolo VII.
Da questi dati risulta evidente come sia la spesa
assistenziale ad andare fuori controllo, per la quale lo
Stato è costretto ad addossare le perdite di Bilancio all’Inps ovvero a
indebitarsi sui mercati finanziari, smentendo un'altra "leggenda
metropolitana", secondo cui “si spenderebbe poco per le
prestazioni sociali e molto per le pensioni IVS”.
D’altronde, in ultima analisi, la quota pari a 12,15mld, (vedi
immagine a pag. 43, punto 3) necessaria per il ripianare i disavanzi
pensionistici, sarebbe pienamente riassorbibile dall’avanzo primario
contabile (44,1mld), derivante dal Bilancio INPS delle
pensioni IVS, dell’anno 2019!
CAP. IV
OPPORTUNITÀ DI RENDICONTARE LE POSTE DI NATURA
ASSICURATIVA DELLE PENSIONI IVS, IN
MODO DISGIUNTO DALLE ALTRE POSTE
Considerato che il rapporto di “corrispondenza” tra
contributi e pensione IVS è di natura strettamente assicurativa, come attestato
dall’Inps (vedi sopra cap. I), tale da garantire al lavoratore, in particolare,
una pensione di invalidità, vecchiaia o ai superstiti (IVS), in caso di non
idoneità al lavoro, l’Inps dovrebbe essere obbligato per legge - (vedi
sotto nota (1), Legge 335/95) - a rendicontare:
· Le poste, in entrata, dei contributi IVS e,
in uscita, della spesa pensionistica IVS, in modo disgiunto dalle
altre poste previdenziali e assistenziali, per verificare, nel dettaglio, l’equilibrio
rendicontale delle poste (contributi e pensioni) di natura assicurativa IVS.
Così come si rileva in qualunque Ente privato (Banche , ecc.) erogatore di polizze vita /morte, dove vi è l'obbligo contabile di rendicontare esattamente le entrate dei premi assicurativi versati (i contributi per IVS) con l'uscita della spesa delle rendite corrisposte (le pensioni IVS).
CAP.V
LA SPESA DELLE PENSIONI IVS AL NETTO DELL’IRPEF
€ 158,7
miliardi è la spesa al netto delle tasse che sono pari a € 54,2 miliardi (212,9 md,
meno 54,2 md), in quanto l’IRPEF, prelevata alla fonte
prima della erogazione delle pensioni, è girata direttamente alle Casse
dello Stato.
-La quota fiscale è parte, sì, della pensione lorda, ma
non rientra nell’importo netto percepito, di fatto, dal
pensionato, che, unicamente, rappresenta l’effettivo costo
pensionistico da coprire con i contributi sociali.
-Mentre lo Stato, incamerandone immediatamente la somma, “recupera una
parte della spesa, tramite le imposte sul reddito", (come scritto testualmente anche
dal Presidente Inps, nella sua ultima Relazione annuale, a pag. 20)
§ I) L'IRPEF PAGATA DAI PENSIONATI
Pertanto, è evidente che trattasi
semplicemente di una partita contabile di giro, in base alla quale
l'IRPEF è da considerare una” non spesa", certamente
non pensionistica, anche se è quota-parte della pensione, per cui
diventa scorretto, dal punto di vista contabile, postarla in
uscita, incorporata nella spesa delle pensioni!
Quest'ultima, anzi, aumentata, in questo modo surrettizio, provocherebbe
l'effetto perverso della necessità di un’ulteriore copertura con altre risorse
contributive, da parte dei lavoratori-finanziatori.
Assurdo. Insopportabile, cari lettori. Al danno anche la beffa. Si
pensi che in Germania, il tributo sulle pensioni rappresenta una percentuale
irrisoria, pari a 0,2%: per il pensionato tedesco, la
spesa pensionistica praticamente non subisce il peso del
carico fiscale, al contrario di ciò che deve sopportare il pensionato
italiano, anche in conseguenza di una operazione contabile scorretta
(?!).
· Il PIL, relativo al costo
netto delle pensioni IVS (circa
17,85 miliardi per ogni punto percentuale, nel 2019), è pari al 9,3%, al
di sotto di oltre due punti percentuali, rispetto alla media europea e pari
addirittura a quella giapponese!
§ II) STABILITÀ DELLA SPESA NETTA DELLE PENSIONI IVS NEGLI ANNI DAL 2015 AL 2021, CON IL PIL INTORNO AL 8/9 %
CAP.VI
SALDO ATTIVO DELLA
GESTIONE FINANZIARIA DEL BILANCIO INPS TRA I CONTRIBUTI E LE PENSIONI IVS:
Ø Una provocazione: non sarebbe il caso di abbassare addirittura l’aliquota contributiva (tasso del 33% per i lavoratori dipendenti), la più alta tra i Paesi Ue, (mentre, per esempio, la Francia sta al 27,5% e la Germania al 18,7%), al fine di aumentare il salario, a seguito dell’abbassamento del cuneo contributivo, oltre che di quello fiscale.
CAP.VII
LA GESTIONE DEI DIPENDENTI PUBBLICI (EX INPDAP)
IL “BUCO” DI 11,2 MILIARDI
Nel 2019, il saldo negativo della Gestione dei dipendenti
pubblici ammonta a €
11,2 miliardi:
1. 62,1mld per
spesa pensioni (a carico dei lavoratori, con esclusione dei €
11,5 miliardi anticipati dalla GIAS);
2. meno 50,9 mld per
entrate contributive, inclusi 10,8 miliardi versati dalla
GIAS:
Tale disavanzo, ancora una volta, deve essere coperto impropriamente con il sacrificio dei lavoratori privati (con ulteriori contributi) e/o dei pensionati (con la diminuzione delle pensioni):
· Prof.ssa Fornero, prima di fare un cambiamento strutturale così
complesso, sopprimendo nel 2012 l'Inpdap e facendo confluire i suoi cronici
conti finanziari all'interno del Bilancio Inps, anche se con contabilità
separata, non sarebbe stata buona norma morale oltre che
giuridica-contabile, predisporre legislativamente la copertura
automatica di questo disavanzo da parte dello Stato-Datore di
lavoro, di cui Lei era un alto e
degno rappresentante?
È spiacevole constatare che tutto questo sia stato riformato ancora una
volta alle spalle e ai danni dei soli noti: i lavoratori e i
pensionati Inps
CAP. VIII
IL SISTEMA DELLE PRESTAZIONI ASSISTENZIALI GESTITE DALL' INPS, MA FINANZIATE DALLO STATO: "UNA LEGGENDA METROPOLITANA"
L'Italia devolve al Welfare,
nientedimeno che il 56,08% dell'intera
spesa statale: mentre, ripetiamo, che, per le prestazioni di natura
assistenziale gestite dall'Inps nel 2019, il costo complessivo ammonta a ben € 113,9 miliardi, (somma interamente e doverosamente garantita dallo
Stato, mediante il trasferimento di risorse
di pari importo all'Istituto Previdenziale, tramite la GIAS), così
ripartito:
- €
78,5 miliardi per
prestazioni e sostegno alle gestioni
- €
35,4 miliardi per oneri
non pensionistici (per il mantenimento del salario, a
- sostegno
della famiglia, sgravi, ecc.).
§ I) BILANCIO INPS COMPLESSIVO DI TUTTE LE PRESTAZIONI (PENSIONISTICHE IVS E ASSISTENZIALI) GESTITE DALL’INPS
Pertanto,
nel Bilancio INPS risulta in uscita, per il totale delle
prestazioni pensionistiche IVS e assistenziali, erogate dall’INPS, la
somma complessiva di € 326,8 miliardi, di cui 212,9 miliardi per pensioni IVS (che è il
reale valore lordo delle pensioni vere e proprie) e € 113,9 miliardi per pensioni/prestazioni assistenziali, di competenza
della Fiscalità generale, come certificato dal Consiglio di Indirizzo e
Vigilanza (CIV).
Al
riguardo alcune considerazioni, per smentire alcune fake news che circolano
anche fra gli addetti ai lavori:
- Sul totale
delle prestazioni erogate dall’ Inps (ribadiamo: € 326,8 miliardi),
più del 35% (pari a € 113,9 miliardi, di
cui sopra) sono di assistenza statale.
- Sulle
rimanenti prestazioni IVS (€ 212,9 miliardi), lo Stato ci
guadagna immediatamente € 59,1 miliardi (il 28%) per
le imposte pagate dai pensionati.
- Il costo
netto delle pensioni, nel 2019, ripetiamo, coperto
abbondantemente dai lavoratori, è pari a € 153,8 miliardi
(€ 212,9 md. meno € 59,1 md. d'imposte).
Pertanto sfatiamo una volta per tutte un’altra leggenda metropolitana dei
cc.dd esperti “sugli alligatori nelle fogne di New York", secondo la
quale lo Stato si indebita per "finanziare le pensioni IVS".
Cari lettori, l'autore lo ribadisce per l'ennesima volta, a costo di essere criticati
per l’eccessiva ripetitività, che le pensioni sono interamente supportate dai
lavoratori, anzi con un rilevante saldo attivo: La verità è che lo
Stato gira all'Inps oltre cento miliardi di euro solo
per le spese di sua competenza, disposte dalla legge, di
cui alcune postate in uscita nel Bilancio, però, unitamente a quelle delle
pensioni IVS
§ II) AGENZIA PER LA SPESA ASSISTENZIALE
Al
fine di fare chiarezza sulle spese assistenziali, la nostra proposta è quella
di istituire:
- Un'
Agenzia centralizzata di
anagrafe della spesa assistenziale che consenta di effettuare un
mirato monitoraggio tra i diversi Enti erogatori (Enti, Comuni,
Regioni, Inps, Stato) e un adeguato sistema di controlli, al fine
di poter indirizzare queste risorse a chi ne ha veramente bisogno e non a
camuffati malfattori ed evasori.
Cari lettori, un dato è certo e sotto gli occhi di noi cittadini: Nonostante
questa enorme massa di danaro concessa così generosamente, la povertà
non è stata eliminata in Italia. Anzi.
§ III) I PENSIONATI ASSISTITI DALL’INPS E DALLO STATO:
Per
un’ulteriore conferma di quanto sopra, cari lettori vi voglio mostrare il dato
sconcertante, tratto dagli Archivi Inps, sul numero
totale dei pensionati nel 2019, che sono circa 16 milioni.
Di
questi ultimi:
- circa 7,4 milioni (46%) sono pensionati assistiti
parzialmente o integralmente dallo Stato, che non
hanno mai pagato alcun contributo previdenziale, né sono soggetti
all’IRPEF;
- mentre i
veri pensionati INPS, sono circa 8,6 milioni (54%).
ü Peccato che il
Presidente si sia "dimenticato" di aggiungere questo piccolo, ma
significativo particolare nella sua Relazione!
Giù le mani dalle tasche dei Lavoratori. Questo è il grido che l'autore lancia: non dovete utilizzate nemmeno un euro dal salario dei
lavoratori, per finanziare l’assistenza!
La contribuzione sociale, lo ripetiamo a chiare lettere, è un premio
assicurativo, “di scopo”, versato dai lavoratori esclusivamente per
finanziare il loro rischio professionale in caso di inidoneità al lavoro per
invalidità, vecchiaia o morte
In conclusione, il vero problema è il costo elevato degli
interventi sociali che permette alla Politica di fare promesse ai
cittadini-elettori, condivise dai soliti noti ai quali, per ovvi motivi, non
conviene riclassificare e separare la spesa pensionistica da quella
assistenziale, a cominciare dal Bilancio Inps, la cui struttura non
trasparente è stata perfino attenzionata, dalla Corte dei Conti,
nella sua Relazione del 2018
CAP. IX
LA CORTE DEI CONTI: LA RELAZIONE DI CONTROLLO SUL BILANCIO INPS 2018
Come accennato più sopra, la Sezione di Controllo della
Corte dei Conti, ogni anno redige una relazione di controllo sulla Gestione
Finanziaria del Bilancio dell’Inps.
In questo capitolo, procediamo ad una analisi più approfondita sulla
Relazione di controllo del Bilancio Inps, dell’anno 2018, relatore
il Consigliere Antonio Buccarelli.
Il documento, in particolare, attesta inconfutabilmente - come
dimostreremo più sotto riportando il testo virgolettato – che
i dati contabili, riferiti alla spesa delle pensioni IVS e all’ assistenza e
inseriti tutti insieme nel Bilancio Inps, possono essere causa di mancata
trasparenza e, conseguentemente, di confusione nel determinare la competenza
delle fonti di finanziamento.
§ I) LA CORTE DEI CONTI: “NEL BILANCIO INPS, DISTINZIONE NON AGEVOLE TRA INTERVENTI ASSISTENZIALE E PREVIDENZIALI”
Il
Bilancio Inps è una “ambigua miscela” in cui sono inserite insieme poste in uscita di
profilo previdenziale e/o assistenziale, che sta provocando un surrettizio e
virtuale aumento della spesa pensionistica, ai danni dei lavoratori/pensionandi
e delle loro famiglie, cumulando il totale delle pensioni IVS con altre
prestazioni di natura non pensionistica.
I Giornali e i mass media si sono lanciati a testa bassa sulla notizia
divulgata dalla Corte dei Conti circa la non sostenibilità del sistema
retributivo (che noi abbiamo dimostrato non rispondente alla realtà, dovuta a
Bilanci Inps poco chiari), ma si sono dimenticati di riportare l'importantissima
notizia che:
- La Corte
dei Conti ha richiamato la Politica sull'opportunità,
addirittura, di interventi normativi, finalizzati a
rendere trasparente la struttura del Bilancio dell’Inps,
per consentire di distinguere agevolmente le prestazioni
previdenziali da quelle assistenziali.
É un richiamo eloquente, quello della Corte, che noi stiamo denunciando
da tanti anni, e che rendiamo pubblico, riportandolo integralmente in
questo articolo, al fine di evitare ogni possibile contestazione:
Infatti
il Relatore scrive testualmente alle pagine 271/272, della Relazione redatta nel 2018,
ultimo capoverso:
· “…… La
diversità di finalità, di assetto e condizione economico-patrimoniale e di
struttura del Bilancio, rendono meno agevole, nella
classificazione delle prestazioni, la stessa distinzione tra
gli interventi di natura assistenziale e quelli di carattere
previdenziale"
§ II) "L'AZIONE NORMATIVA" PROPOSTA DALLA CORTE DEI CONTI!
Il Relatore, per sottolineare la necessità che il Bilancio Inps risulti
trasparente, prosegue richiedendo, testualmente, che:
- “Anche da
questo punto di vista appare opportuna una azione
normativa che riguardi sia la struttura del
Bilancio, quanto l’organizzazione dei Fondi".
Questa contestazione della Corte dei Conti è veramente inaspettata
e straordinaria, senza che nessun Organo di informazione, ripetiamo, ne abbia
riportato la notizia,
Finalmente, cari lettori, la nostra soddisfazione è che anche il massimo
Organo Costituzione del Controllo Statale si sia accorto di ciò che andiamo
dicendo da anni:
- “L’ azione normativa”, sollecitata dalla Corte dei Conti e rivolta alla
Politica, dovrebbe tendere a prevedere una disposizione
regolamentare /legislativa ad hoc, finalizzata ad eliminare alla
radice ogni possibile contaminazione tra gli importi di natura
diversa, posti in uscita nel Bilancio.
Pertanto, a nostro modesto avviso, il Bilancio INPS, in
particolare, potrebbe essere strutturato in due sezioni, separate per
profilo pensionistico- assicurativo IVS o assistenziale:
1. L’una contenente i dati delle prestazioni
assistenziali, a carico esclusivo della fiscalità generale pubblica, come
attestato, ripetiamo, dalla Legge 335/95, art.3, co 1
2. l’altra, delle pensioni IVS, a carico della contribuzione obbligatoria, al netto dell’IRPEF, il cui importo, peraltro, dovrebbe essere riportato in una separata partita in uscita.
CAP. X
IL PRESIDENTE INPS HA
DICHIARATO TESTUALMENTE: "NECESSITA' DI SEPARAZIONE
CONTABILE TRA SPESA ASSISTENZIALE E PREVIDENZIALE"!
Anche il Presidente dell'Inps, nella Relazione annuale del 2020, dal
titolo " Il Welfare degli Italiani", ha
ribadito questa esigenza di chiarezza, scrivendo testualmente a pag.20, che: ".... sembra
necessario separare, almeno da un punto di vista contabile e
di trasparenza, ciò che è spesa assistenziale, finanziata attraverso
la fiscalità generale, e ciò che è previdenza"
Mi permetta, Presidente, lei ha usato i termini, quali “la necessità
di separare da un punto di vista contabile" di
trasparenza", riferiti al Bilancio, cioè al più importante
Documento Contabile-Economico e Finanziario della vita istituzionale dell'Inps
di cui Lei è il Presidente:
- Non
sarebbe suo obbligo primario predisporre/richiedere pubblicamente e
formalmente la suddetta modifica strutturale, perché il "suo" Bilancio
diventi finalmente "trasparente e contabilmente" corretto,
vista anche l'autorevole presa di posizione della Corte dei Conti?
Ma a questo punto ci domandiamo: Perché tutta questa prepotenza e
ignoranza non siano costantemente contrastate, in particolare, dall’ INPS e dal
suo Presidente, in modo da ristabilire semplicemente la verità dei
numeri del "suo" Bilancio e nel contempo
veicolare alla pubblica opinione la corretta informazione della strapiena
copertura contributiva della spesa pensionistica, escluse
le prestazioni assistenziali?
CAP. XI
UNIONE EUROPEA: L'ITALIA QUANTO SPENDE PER LE
PENSIONI IVS
Purtroppo, secondo le stime dell'Ufficio Statistico dell'Unione
Europea (EUROSTAT) - che vanno ad influire anche su
quelle della Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico (OCSE) e
del Fondo Monetario Internazionale (FMI) - è
previsto, in modo infondato (direi ridicolo), che l'Italia
spenda, in spesa pensionistica, mediamente:
· il 16,1% del Pil,
cioè oltre €. 284,2 miliardi, mentre la media UE è del
12,6% pari a € 222,4 miliardi.
· Incredibile,
ma queste sono le cifre infondate che risultano alla Contabilità Europea: in
netto contrasto, come abbiamo visto, con il Bilancio delle pensioni IVS in
Italia!
§ I) SESPROS: IL SISTEMA EUROPEO DELLE STATISTICHE INTEGRATE SULLA PROTEZIONEE SOCIALE
Dall'analisi dell'importante documento, tratto dal sito
dell'Istat, dal titolo " la Nota metodologica" (cioè,
il testo ufficiale in cui vengono spiegate le modalità di
realizzazione della spesa a livello europeo di protezione sociale) risulta,
a pag.1, che SESPROS (il Sistema europeo delle statistiche
integrate sulla protezione sociale, approvato con Regolamento comunitario
n.458/2007) sia un metodo adottato dal nostro Istituto statistico e
anche da quello europeo, per “assicurare la comparabilità dei
conti sociali tra le statistiche compilate dai vari Paesi europei”.
La suddetta "Nota metodologica" prosegue, però, affermando
testualmente che: "SESPROS è il risultato di
una standardizzazione (forzata?!) a livello europeo... della
protezione sociale”, relativa a spese sociali
dei singoli Stati, molto diverse tra loro, facendoci fortemente
dubitare sulla corretta omogeneità della classificazione collegiale a
livello pensionistico tra i Paesi Europei
Infatti, l’Istat, nella predetta "Nota Metodologica”, a pag.2.
testualmente ammette che:
“ Quando l'attribuzione ai settori
d’intervento, non è prevista dal SESPROS, il Sistema automaticamente fa
ricadere nelle pensioni tutti gli interventi di protezione
sociale che presuppongono la costituzione di una posizione
contributiva precedente”:
Ø Tra
questi, cari lettori (udite, udite) sono inclusi: “gli interventi
finalizzati al mantenimento, a breve termine, del salario, in caso di evento
legato allo stato di salute (indennità di malattia e indennità
temporanea per infortunio o malattia professionale)”.
Capite,
cari elettori, lo stesso Istat ammette, testualmente, che nella spesa
pensionistica, a livello europeo, possono essere presenti anche elementi dichiaratamente
non pensionistici (come l’indennità di malattia, l’infortunio, ecc.)
- a sola condizione che abbiano una copertura contributiva- che quindi nulla
hanno a che fare con quelli pensionistici veri e propri (IVS):
- Così
facendo, si compie non solo un atto di evidente disparità e
incomparabilità statistica a livello pensionistico tra i Paesi UE
aderenti (non si sa quanto possano "pesare" questi
interventi non pensionistici sul totale della spesa per pensioni IVS), ma
anche di profilo anticostituzionale, in Italia, per
il gravissimo vulnus al “principio della ragionevolezza
(art.3 co 2)” che provoca alla nostra Costituzione, dove è
previsto, ripetiamo, la netta separazione tra le due spese
di protezione sociale.
In conclusione, diventa
legittimo il dubbio che la non puntuale omogeneità a
livello europeo dei dati di natura pensionistica IVS, possano comportare, di
conseguenza, risultati sotto/sovrastimati sulla entità della
spesa, in particolare alle pensioni in Italia, tali da indurre la Commissione
europea e le Agenzie di rating a esigere ulteriori tagli e riforme
peggiorative del nostro Sistema pensionistico.
§ II) LA SPESA PENSIONISTICA DEI PAESI EUROPEI: IL DIVERSO PESO DELLE TASSE
Senza considerare che, per un altro valido motivo, queste graduatorie
europee non siano rispondenti alle realtà previdenziali nazionali, e quindi tra
di loro non comparabili, perché non tengono conto che nella spesa
pensionistica sono incorporate anche le imposte, il cui importo
è diversificato tra i Paesi dell'U.E. (per esempio, su una pensione di €.
20.000, in Italia si paga l'imposta, più alta, del 20,20%, in
Spagna del 9,09%, nel Regno Unito del 7,57%, in Francia
del 5,05%, in Germania dello 0,20%).
§ III) LA PROPOSTA SENSATA: UN UNICO MODELLO EUROPEO DI STATISTICA SULLA SPESA PENSIONISTICA
Incredibile
constatare come mai nessun politico, giornalista, addetto ai lavori, ne parli
e/o rilevi l'urgenza di una riorganizzazione in materia, di cui sia interessata
anche l'Europa (come è avvenuta dal 2020 con il Recovery Fund per garantire,
finalmente, un sostanziale sostegno economico ai Paesi dell’UE, rinunciando,
nei periodi di crisi, alla politica del pedissequo controllo dei “decimali” dei
Bilanci statali), al fine di mettere un po' d'ordine nei Manuali
Regolamentari, con oltre 20 schemi (!) di protezione sociale
diversi fra loro:
Ø È
indispensabile prevedere un modello unico di statistica riferito
alla sola spesa pensionistica IVS, al netto delle tasse - cioè,
quella autofinanziata dagli stessi lavoratori per assicurarsi contro i
rischi professionali, in caso d’invalidità al lavoro, vecchiaia o ai superstiti- che
sia compatibile rispetto agli Ordinamenti Nazionali di tutti i 27 Paesi e,
in particolare per l'Italia, anche alla Carta Costituzionale.
CAP.
XII
L'ITALIA QUANTO SPENDE REALMENTE PER LE
PENSIONI IVS
§ I) LA TRAMA DEL FILM "THE TRUMAN SHOW"
Temiamo
che il fiorente e ricorrente dibattito instauratosi sulle pensioni, si stia
trasformando in una replica del film “The Truman show”. Infatti
quando leggiamo gli innumerevoli articoli di quasi tutta la Stampa (uno per tutti,
vedasi il titolo del Sole 24 ore
(riportato sotto) che scrive testualmente: “A quota 313 miliardi, la spesa Inps per pagare le
pensioni”) o assistiamo a dibattiti televisivi con vari interventi nei talk
show o sentiamo le dichiarazioni dei cc.dd. esperti e dei politici italiani, e
anche degli esponenti dell'Unione Europea, essi sono quasi tutti non
rispondenti alla realtà sulla vera entità del costo delle pensioni IVS, perché
diretti a:
- Includere
nell'ambito totale di queste ultime, anche altri provvedimenti
pensionistici di natura assistenziale/sociale, strepitando,
poi, sull'esplosione della spesa in uscita pari, per esempio, a
313 miliardi di euro con il PIL che
schizza intorno al 17,4%, mischiando (?) le pensioni
assistite/sociali, con le quelle IVS, in quanto ambedue le
tipologie sono gestite ed erogate dall’Inps
e, quindi, inserite in uscita, tutte insieme, nel
Bilancio dell'Istituto;
- auspicare
unanimemente tagli e interventi riformatori peggiorativi, finalizzati
a diminuire gli importi delle pensioni future.
In queste occasioni, cari lettori, abbiamo netta la sensazione di
trovarci in un mondo irreale, in cui i Media abbiano la presunzione
di manipolare la realtà: cioè ci pare di assistere di nuovo al
film “The Truman show”, in cui la realtà era invece una pure
invenzione creata dal regista.
Com’è possibile discettare ancora sulla non sostenibilità della
spesa pensionistica IVS, quando è stato autorevolmente e pubblicamente accertato,
lo ripetiamo per l'ennesima volta, che nel 2019 (con lo stesso trend,
anche negli altri anni) i costi delle pensioni IVS sono stati pari a:
Ø €
212,9 miliardi, al lordo e € 158,7 miliardi al netto.
Questi importi sono attestati, come abbiamo documentato più sopra:
ü non
solo dal Consiglio di Indirizzo e Vigilanza, Organo che approva
annualmente i Bilanci dell’Inps,
ü ma
anche dal Centro Studi di “Itinerari previdenziali”, che si avvalso
degli Archivi dell’Inps e
ü finanche dalla
Corte dei Conti, in quest’ultimo caso con uno scarto di un decimale (pari
a 0,2), con il PIL perfettamente in linea con quello degli altri
Paesi europei
Anzi nel caso
dell’importo netto, il Pil risulta al disotto di oltre due punti percentuali, per
cui dovremmo essere considerati tra i primi in
Europa!
Ma
di cosa stiamo parlando; veramente stiamo assistendo ad una realtà
previdenziale virtuale, manipolata da un grande regista della vita sociale
di questo Paese!
IL SOLE 24 ORE”
DEL 28 OTTOBRE 2022
LA MANIPOLAZIONE DELLA REALTA' PENSIONISTICA:
“La spesa Inps di 313 miliardi”
Essa comprende sia le pensioni IVS, sia le pensioni assistenziali e sociali. (N. d. A)
§ II) LA PUBBLICA CONFERMA DEL PRESIDENTE INPS SULLA REALE SPESA PENSIONISTICA IVS
É pur vero che il Presidente Inps ha confermato in due importanti pubbliche
occasioni, la reale consistenza della spesa pensionistica rispettivamente negli
anni 2018 e 2019:
1. Nella prima -
in una pubblica audizione del 14 gennaio 2020 presso la Commissione
Parlamentare di Controllo sulle attività degli Enti gestori di Forme
obbligatorie, presso la Camera dei Deputati - il
prof. TRIDICO ha reso la seguente pubblica dichiarazione, che noi vogliamo
riportare, così come risulta dal testo del
relativo verbale: “…. nell’anno 2018, l’INPS ha
registrato …. uscite per prestazioni per 318 miliardi di
euro, di cui 217 relativi a prestazioni pensionistiche, per
un valore vicino al 12 per cento del prodotto interno
lordo dell’Italia”.
2. Nella seconda, il
Presidente ha scritto, nella sua Relazione annuale, a pag.20, testualmente, che: "Nel
2019, il rapporto tra spesa puramente previdenziale e il PIL è pari al
12,7" (cioè siamo intorno a 227 miliardi, nel 2019).
Capite cari lettori, anche il "massimo Responsabile" del
Bilancio Inps ha da tempo pubblicamente dichiarato che la spesa pensionistica,
anche al lordo delle tasse, negli anni 2018 e 2019, è stata intorno al
12%, con decimali, del PIL, perfettamente coerente con quella
dei maggiori Paesi Europei.
Ciò conferma, anche formalmente, ciò che stiamo denunciando da anni,
in relazione alla vera cifra complessiva della spesa delle pensioni IVS e
alla conseguente piena copertura del sistema
pensionistico in Italia, con le sole risorse dei lavoratori!
Purtuttavia,
ciò non è ancora sufficiente a spazzare via tutte le fandonie che
vengono dette e ripetute continuamente sulle pensioni e che purtroppo
fanno presa nell’opinione pubblica in Italia e in Europa.
§ III) IL NOSTRO INVITO PUBBLICO RIVOLTO AL PRESIDENTE INPS
LA FIABA:"IL RE È NUDO E IL BIMBO”.
Presidente TRIDICO, per non passare alla storia come il novello sig. “Truman” -
che solo alla fine si accorge di trovarsi a vivere in un mondo parallelo
a quello reale - faccia in modo che ad ogni dibattito televisivo, ad ogni
articolo di giornale, ad ogni allarme /allarmismo diffuso dalla Commissione
Europea, segua una semplice, formale e
doverosa rettifica dell' Ufficio Stampa dell’INPS, in cui
venga solamente corretta la “vera” verità sulla entità della
spesa complessiva delle pensioni IVS, così come risulterà ogni anno dalla pubblicazione del
Bilancio INPS, le cui poste in uscita per pensioni e
assistenza, dovranno essere chiaramente distinte e riconosciute da
tutti, anche in Europa, attraverso una sua annuale e pubblica Conferenza con la
Stampa nazionale e estera.
In questo modo, Presidente, sia sicuro che renderà un servizio di verità
altamente sociale a favore dei milioni di pensionati e lavoratori e darà una
speranza a tutti noi di poter vivere finalmente in un mondo reale e non
apparente e virtuale, in cui non siano le fake news a
regolare la nostra vita economica, sociale e previdenziale, ma siano, invece in
tanti, tantissimi, a gridare con fermezza: "Il re è nudo", insieme
al quel bimbo (ancora dentro di noi) della fiaba di
Andersen, che vedeva il re sfilare senza vestiti, di fronte a cittadini-sudditi
che a gran voce ne lodavano l'eleganza.
Dr. Prof. a c. Lucio Casalino
- ex Dirigente Inps
- Consigliere Nazionale CISAL
- Napoli, 15 febbraio 2023
|
TABELLA UFFICIALE |
tasso di sconto = 1,5%
BIBLIOGRAFIA:
v IL CALCOLO CONTRIBUTIVO
1) dr. Marco Cacciotti, Dirigente MEF e
prof. Elena Fabrizi, Università di
Teramo: MEF, Note
tematiche, n. 2: “Le determinanti delle
aspettative di vita”, in base ad una indagine europea
sulle condizioni
di vita
(Eu-Silic).
2) prof. Carlo Maccheroni, Università di
Torino: Quaderni Europei sul
nuovo Welfare, n.5,
2006: “La mortalità differenziale: un fattore
demografico di cui la Riforma del sistema previdenziale non tiene
conto adeguatamente”.
3) prof. Michele Raitano, Università La
Sapienza di Roma: Glossario delle
disuguaglianze sociali,
pag. 1-9: Tipologie dei Sistemi pensionistici.
4) Conferenza dei Servizi Ministero del
Lavoro e dell’Economia: NOTA
TECNICA DELL’ISTAT sulla Revisione biennale (2021-2022)
dei
coefficienti, allegata al Decreto Direttoriale
dell’1.6.2020
v I CONTRIBUTI E LE PENSIONI IVS
1)Proff. V. Crisafulli e L. Paladin:
Commentario breve alla Costituzione,
Cedam, Breviaria Iuris:
Assistenza, Previdenza, Protezione Sociale:
Art. 38, pag. 249 a
pag.272
2) Portale “inps.it”: Le aliquote
contributive.
3) Consiglio di Indirizzo e Vigilanza
(CIV) dell’Inps: Rendiconto Sociale
del 2019, da pag.
17 a pag.22
4) Centro Studi e Ricerche di “Itinerari
Previdenziali”: Il Bilancio 2019
del Sistema
Previdenziale italiano: Rapporto n.8/2019: Tab.1.a pag. 140
5) Corte dei Conti- Sezione Controllo
sugli Enti: Relazione del Consigliere
Buccarelli sulla
Gestione Finanziaria dell’Inps.
6) Prof. Tridico - Presidente dell’Inps:
il Welfare degli Italiani, 29.10.2020,
pag.20; Commissione
Parlamentare di Controllo sugli
Enti:
Seduta del 14 gennaio
2020
INDICE GENERALE
LA CRISI DEL SISTEMA COMPLESSIVO PREVIDENZIALE NON RIGUARDA LA SOSTENIBILITA' DELLE PENSIONI IVS- PAGATE DAI LAVORATORI PER ASSICURARSI IN CASO D'INVALIDITA' AL LAVORO, VECCHIAIA E AI SUPERSTITI |
||
TITOLO |
||
IL RE E'NUDO:
|
||
PREMESSA |
||
LA PROTEZIONE SOCIALE COSTITUZIONALE |
||
CAP. I |
IL SISTEMA
DELLA PREVIDENZA, DI CUI LE PENSIONI IVS RAPPRESENTANO UN SOTTOSISTEMA
ASSICURATIVO |
|
CAP. II |
IL SISTEMA DELLE PRESTAZIONI ASSISTENZIALI |
|
IL PIANO DELL’OPERA |
||
PRIMA PARTE |
- IL
CALCOLO CONTRIBUTIVO DELLE PENSIONI IVS SECONDO LA RIFORMA DINI E LA
SCIENZA STATISTICA |
|
SECONDA PARTE |
- IL
BILANCIO INPS 2019: 1) LA
CONTRIBUZIONE IVS 2) LA
SPESA DELLE PENSIONI IVS |
|
PRIMA PARTE |
||
COME SI CALCOLA LA PENSIONE CONTRIBUTIVA |
||
CAP. I |
IL METODO CONTRIBUTIVO |
|
CAP. II |
-IL
CALCOLO CONTRIBUTIVO SECONDO LA DISCIPLINA DELLA SCIENZA STATISTICA |
|
§ |
I) IMPORTO PENSIONE IVS IN BASE
ALLA DIVERSA DURATA STATISTICA DELL’ASPETTATIVA DI VITA |
|
CAP.III |
- IL
CALCOLO CONTRIBUTIVO SECONDO LA RIFORMA DINI |
|
§ |
I) IMPORTO PENSIONE IVS IN BASE
ALLA MEDIA TRA LE DIVERSE ASPETTATIVE DI VITA |
|
§ |
II) CONFRONTO TRA LA TABELLA C2
ISTAT CON QUELLA UFFICIALE DEL DECRETO MINISTERIALE |
|
§ |
III) I PENSIONATI SFORTUNATI E LA
“STATISTICA DEL POLLO” DI TRILUSSA” |
|
CAP. IV |
LA DISCRIMINAZIONE
DEL CALCOLO TOTALE TRA: A) TUTTA LA CONTRIBUZIONE VERSATA E B) LA PENSIONE
COMPLESSIVAMENTE RISCOSSA |
|
§ |
I) RAPPORTO SPEREQUATO AI DANNI
DEI PENSIONATI PIÙ DEBOLI |
|
§ |
II) RAPPORTO BILANCIATO SOLO PER
LO STATO |
|
§ |
III) DISPERAZIONE E SCONFORTO DEI
PENSIONATI PIÙ SVANTAGGIATI |
|
CAP. V |
I DANNI
COLLATERALI DEL METODO CONTRIBUTIVO: LE TRE “PERLE” DELLA RIFORMA DINI |
|
§ |
I) L’INTEGRAZIONE AL MINIMO DI
LEGGE, NON APPLICATA ALLE PENSIONI CONTRIBUTIVE |
|
§ |
II) RIVALUTAZIONE / SVALUTAZIONE
DEL MONTANTE CONTRIBUTIVO IN BASE AL PIL |
|
§ |
III) L’INCREMENTO PROGRESSIVO
DELLA SPERANZA DI VITA |
|
III
a) PROGRESSIVO
AUMENTO DEI REQUISITI PENSIONISTICI |
||
III
b) PROGRESSIVA
DIMINUZIONE DELL’IMPORTO PENSIONISTICO |
||
CAP.VI |
L’INADEGUATEZZA
DELLA PENSIONE CONTRIBUTIVA |
|
§ |
I) IL CONTRIBUTIVO È INIQUO,
DISCRIM INANTE E INADATTO A CALCOLARE LE PENSIONI PUBBLICHE |
|
§ |
II) LA LEGGE “PRODI” n. 247: COSA AVEVA STABILITO NELL’ANNO 2007 |
|
$ |
III) DUE LE PROPOSTE ALTERNATIVE AL DECISORE POLITICO |
|
CAP. VII |
IL
RETRIBUTIVO: UNICO SISTEMA RICONOSCIUTO DALLA CORTE COTITUZIONALE |
|
§ |
I) LA PENSIONE È CONSIDERATA
UNA RETRIBUZIONE DIFFERITA |
|
§ |
II) LE ALIQUOTE DECRESCENTI DI
RENDIMENTO CON DECORRENZA DAL 2022 |
|
| ||
SECONDA PARTE |
||
|
||
CAP. I |
LA CONTRIBUZIONE OBBLIGATORIA |
|
§ |
I) LA NATURA DELLA
CONTRIBUZIONE PREVIDENZIALE OBBLIGATORIA, VERSATA DAI LAVORATORI |
|
§ |
II) L’ENTITÀ DEI CONTRIBUTI
DIPENDE DALLA CLASSIFICAZIONE DISPOSTA DALLA LEGGE PER LE SEGUENTI FORME DI
ASSICURAZIONE |
|
CAP. II |
LE ENTRATE
CONTRIBUTIVE DEI LAVORATORI PER FINANZIARE IL SISTEMA PENSIONISTICO IVS |
|
CAP. III |
L’USCITA
PER LA SPESA DELLE PENSIONI IVS, AL LORDO IRPEF |
|
§ |
I) LA SPESA LORDA
DELLE PENSIONI SECONDO IL CONSIGLIO D’INDIRIZZO E VIGILANZA: RENDICONTO
SOCIALE DEL 2019 |
|
§ |
II) LA SPESA LORDA DELLE
PENSIONI SECONDO IL CENTRO STUDI “ITINERARI PREVIDENZIALI”: IL BILANCIO INPS DEL 2019 |
|
§ |
III) LA SPESA LORDA DELLE
PENSIONI, SECONDO LA CORTE DEI CONTI: LA RELAZIONE SUL BILANCIO DELL’INPS DEL
2019 |
|
§ |
IV) L’ESCLUSIONE DELLA SPESA
ASSISTENZIALE, POSTA DALLA LEGGE A CARICO DELLA FISCALITÀ GENERALE, GESTITA
DALLA GIAS/INPS |
|
§ |
V) IN PARTICOLARE,
L’ESCLUSIONE, PER RAGIONI SOCIALI, DELLA QUOTA (12,5 mld) PER IL RIPIANO
DEI DISAVANZI DELLE GESTIONI PENSIONISTICHE |
|
CAP. IV |
OPPORTUNITÀ
DI RENDICONTARE LE POSTE DI NATURA ASSICURATIVA IVS, IN MODO
DISGIUNTO DALLE ALTRE POSTE |
|
CAP. V |
LA SPESA
PENSIONI IVS AL NETTO DELL’IRPEF |
|
§ |
I) L’IRPEF PAGATA DAI PENSIONATI |
|
§ |
II) LA SPESA NETTA DELLE PENSIONI IVS,
NEGLI ANNI |
|
CAP. VI |
SALDO
ATTIVO DELLA GESTIONE FINANZIARIA DEL BILANCIO INPS TRA CONTRIBUTI E PENSIONI
IVS |
|
CAP. VII |
LA
GESTIONE INPS DEI DIPENDENTI PUBBLICI: IL “BUCO” DI 11,2 MILIARDI |
|
CAP. VIII |
IL SISTEMA
DELLE PRESTAZIONI ASSISTENZIALI GESTITE DALL’INPS, MA FINANZIATE DALLO STATO |
|
§ |
I) BILANCIO INPS COMPLESSIVO DI
TUTTE LE PRESTAZIONI (IVS E ASSISTENZIALI) GESTITE
DALL’INPS. |
|
§ |
II) AGENZIA DELLA SPESA
ASSISTENZIALE |
|
§ |
III) PENSIONATI ASSISTITI
DALL’INPS E DALLO STATO |
|
CAP. IX |
LA CORTE
DEI CONTI: LA RELAZIONE ANNUALE DI CONTROLLO SUL BILANCIO INPS L |
|
§ |
I) NEL BILANCIO INPS: DISTINZIONE
NON AGEVOLE TRA INTERVENTI ASSISTENZIALI E PREVIDENZIALI |
|
§ |
II) L’AZIONE NORMATIVA PROPOSTA DALLA
CORTE |
|
CAP. X |
IL
PRESIDENTE INPS: NECESSITÀ DI SEPARAZIONE TRA SPESA ASSISTENZIALE E
PREVIDENZIALE |
|
CAP. XI |
L’UNIONE EUROPEA: L’ITALIA QUANTO SPENDE
PER LE PENSIONI IVS |
|
§ |
I) SESPROS: IL SISTEMA EUROPEO
DELLE STATISTICHE INTEGRATE |
|
§ |
II) LA SPESA PENSIONISTICA DEL
PAESI EUROPEI: IL DIVERSO PESO DELLE TASSE |
|
§ |
III) LA PROPOSTA: UN UNICO MODELLO
EUROPEO DI STATISTICA SULLA SPESA PENSIONISTICA |
|
CAP. XII |
L’ITALIA QUANTO SPENDE REALMENTE PER LE PENSIONI IVS |
|
§ |
I) LA TRAMA DEL FILMS “THE
TRUMAN SHOW |
|
§ |
II) LA PUBBLICA CONFERMA DEL
PRESIDENTE INPS SULLA REALE SPESA PENSIONISTICA IVS |
|
§ |
III) IL NOSTRO INVITO PUBBLICO AL
PRESIDENTE INPS. LA FIABA: “IL RE È NUDO E IL BIMBO” |
|
ALLEGATO |
TABELLA UFFICIALE DEI COEFFICIENTI PER IL CALCOLO
DELLE PENSIONI DAL 2023 |
|
BIBLIOGRAFIA: A) IL CALCOLO CONTRIBUTIVO; B)
I CONTRIBUTI / LE PENSIONI IVS |