IL CALCOLO CONTRIBUTIVO DELLA PENSIONE E IL “POLLO” DI TRILUSSA



  Cari lettori, vi ringrazio perché siete stati in tanti a leggere il mio editoriale di presentazione del blog “fakeinps”, in cui vi anticipai che avrei trattato un argomento centrale della vita previdenziale dei lavoratori, perché tocca direttamente la loro tasca: Come viene calcolata la pensione, che diventa l’unico sostentamento per sé e la sua famiglia, per gli anni residui di vita.
   In premessa, i due sistemi di calcolo dei trattamenti pensionistici si caratterizzano per il seguente aspetto:
    - Il Metodo retributivo (L.153/1969) si basa sulla media delle ultime retribuzioni percepite dai lavoratori.
    - Il Metodo contributivo (L.335/1995), attualmente in vigore, s’impernia, anziché sul salario, su tutti i contributi (montante) pagati mensilmente dai lavoratori dipendenti, pari al 33% della retribuzione lorda (di cui i due terzi a carico dei datori di lavoro) che complessivamente rappresenta il loro salario differito.
    A tal proposito, sono sorte tante fake news sulla presunta correttezza del sistema contributivo, che restituirebbe sotto forma di pensione, quanto accumulato dal lavoratore, da parte di Addetti ai lavori, alcuni Professori universitari e bocconiani, Istituzioni, Politica, riportate dai mass media.                                                                                                                                            
   Con questo post, mi propongo di smentirle in modo inequivocabile, dimostrando, invece, l’iniquità, l’ingiustizia, la parzialità, la disparità di trattamento tra i pensionati, di tale scelta assunta presumibilmente per abbassare il livello della pensione, al fine di drenare risorse per finanziare - come un bancomat - i Conti pubblici.
    Ora andiamo ad analizzare, in particolare, il meccanismo dei due sistemi
  - Il Retributivo prevede il calcolo della pensione che sarà pari: 
  • All’aliquota di rendimento del 2% annuo della retribuzione pensionabile                                             
  • moltiplicata per l’anzianità contributiva, pari al numero degli anni di servizio, fino a un massimo di 40 anni (i successivi contributi non vengono conteggiati).                                                                                                                                             
  • La pensione non può superare il tetto dell’80% (con 40 anni di contributi) della media delle retribuzioni delle ultime annualità di lavoro (5/10 anni).                                                                                                                                                                       
Esso si applica a tutti i lavoratori che alla fine del 1995 avevano almeno 18 anni di contributi maturati. Dal 2012 si applica il contributivo per tutti i lavoratori.                                                                                                                           
 - Nel Contributivo, la pensione viene calcolata sulla base di tutti i contributi versati (non sulle retribuzioni) e sarà pari:
  • Al montante complessivo maturato (tutti i contributi accantonati dai lavoratori),
  • moltiplicato per i coefficienti medi, che convertono il montante in pensione, la cui percentuale cresce in rapporto all’età di pensionamento (perché diminuiscono gli anni che rimangono da vivere) stabiliti/aggiornati per legge, dal 2010, ogni 3 anni (2anni, dal 2019).
  • Esso si applica a tutti i lavoratori che hanno iniziato il lavoro dal 1966 o che a tale data avevano meno di 18 anni di contributi: Per questi ultimi, i periodi precedenti sono computati con il retributivo (calcolo misto).                                                       
A oggi, quattro sono i periodi in cui sono stati predisposti tali coefficienti: dal 1996 al 2009; dal 2010 al 2012; dal 2013 al 2015; dal 2016 al 2018.
   Punto centrale del calcolo contributivo è l’aspettativa di vita media, unica per tutti i lavoratori, accertata dall’Istat, il cui costante aumento, nel tempo, produce automaticamente un congegno perverso e infernale; e cioè:
  • La periodica riduzione dell’importo pensione (dal 2006 si è già ridotto del 13,2%), perché, aumentando in media gli anni rimanenti di vita del pensionato e quindi le rate di pensione, deve diminuire l’importo delle stesse, per non superare il tetto massimo del montante accumulato: Questo sistema deriva esattamente, in effetti, dalla normativa delle Assicurazioni private di tipo attuariale, per cui proporrei di cambiare l’acronimo dell’INPS in INAS (Istituto Nazionale di Assistenza Sociale)!
  • L’incremento dei requisiti, dal 2013, di sette mesi dell’età pensionabile per la pensione di vecchiaia e dei contributi per la pensione anticipata: A tal proposito si deve rilevare che è veramente singolare l’aggancio all’età attesa di vita di quest’ultimo trattamento pensionistico – voluto dall’ex ministro Fornero - il cui unico requisito si basa solo su quello contributivo, a prescindere dall’età anagrafica del richiedente! Mistero, uno dei tanti, della Legge Fornero (salvo che non avesse lo scopo recondito di allontanarne /eliminarne, nel tempo, la riscossione!).
   Nel corso degli anni, quindi, le pensioni saranno sempre più povere e lontane: Nel 2050 i nostri figli e nipoti andranno in pensione di  vecchiaia a 70 anni e in pensione anticipata con 46 anni di contributi. Eppure le fake news sostengono che il calcolo  contributivo è un metodo premiante per il lavoratore!
     Insomma il principio-base del contributivo è il seguente: Più si vive meno si guadagna, meno si vive più si guadagna.
    Poiché non c’è mai fine al peggio, è stato stabilito un ulteriore elemento, ancora più destabilizzante, per cui l’importo pensionistico è parametrato non sull’effettiva speranza di vita del lavoratore, diversa in rapporto alle diverse condizioni lavorative e sociali, ma sulla sua media statistica: Pur in presenza, come ha pacificamente accertato la stessa Istat (www.istat.it), di un’attesa di vita tra lavoratori/pensionati marcatamente differente per categorie professionali, sociali, per ubicazione geografica (Nord/Sud) e anche per titoli di studio posseduti.
   Incredibile ma vero: a questo proposito mi piace paragonare la speranza di vita media, alla “statistica del pollo” raccontata magistralmente da Trilussa nella sua celebre poesia. Il famoso poeta romano afferma che se qualcuno mangia due polli e qualcun altro nessun pollo, risulta, secondo statistica, che in media tutti hanno mangiato un pollo a testa, anticipando magistralmente un tema attuale e cioè che la media statistica (da non confondere con la Scienza della statistica), può essere un dato poco significativo, impreciso, fuorviante e anche strumentale con lo scopo di ingannare, se utilizzato nel modo sbagliato.
     Anche il prof. Boeri, presidente dell’Inps, ci ha provato con la proposta al Governo di ricalcolare le pensioni retributive già riscosse (superiori a circa €.3.500), con il metodo contributivo, attualizzando e valorizzando il coefficiente di trasformazione previsto all’atto del pensionamento, che, come abbiamo dimostrato più sopra, è tarato sulla base della speranza di vita espressa in valori  medi e non effettivi del pensionato, arrecandogli un duplice danno: La lesione dei diritti già acquisiti e la corresponsione di un importo che può non corrispondere alla sua vita attesa.
   Cari lettori, queste sono le fake news messe in giro per magnificare la bontà del contributivo, che io, invece, le considero un colossale imbroglio, perché, oltre al fatto che le prestazioni, ripeto, si riducono purtroppo nel tempo, chi vive di meno (ad esempio, l’operaio con lavoro gravoso e usurante) subisce l’ulteriore penalizzazione di riscuotere una pensione d’importo inferiore di quanto dovuto (in base ai minori anni attesi di vita), al contrario di chi statisticamente vive di più (ad esempio, il dirigente) che riceverà una pensione maggiore, rispetto a quanto gli spetterebbe!
    Un esempio per rendere accessibile anche ai non addetti ai lavori, il tecnicismo assicurativo di cui è permeato il sistema contributivo, dietro il quale si può nascondere l’inganno ai danni del lavoratore/pensionato.
-Dalla tabella ufficiale dei coefficienti (DM 22/6/2015) per il periodo 2013-2016, si rileva che:
  • Un lavoratore a 66 anni, che ha un’aspettativa di vita di 18,163 anni (che, in ipotesi, rappresenta una media statistica tra 17,163 e 19,163 anni, in ragione delle effettive condizioni lavoro), ha diritto- con un montante, per esempio, di €. 300.000 - a una pensione di:                  
  •       - €. 16.518, con coefficiente medio, uguale per tutti i lavoratori, di 5,506% (x €.300.000);
 Invece, proseguendo nell’esempio suindicato:
 1) Tra la categoria dei lavoratori, vi sono quelli con attività lavorativa gravosa, che avrebbero diritto a una pensione maggiore pari a:
        - €. 17.478 (anziché €.16.518), con l’attribuzione di un diverso coefficiente maggiorato di 5,826% (x €. 300.000), avendo un’aspettativa di vita inferiore (nell’ipotesi, 17,163 anni);
2) Mentre, il gruppo d’impiego dei lavoratori con attività non gravosa/usurante, dovrebbe ricevere, invece,  un trattamento minore di:                                                        
         - €.15.654, (anziché €. 16.518), per l’assegnazione di un coefficiente più basso pari a 5,218% (x €.300.000), in quanto si vive più a lungo (nell’esempio, 19,163 anni).
       
     Dall’esempio suindicato si rileva chiaramente che l’ingiusto dispositivo della media del “pollo a testa”, stabilita dal sistema contributivo, comporta - in una sorta di “Robin Hood alla rovescia”- di togliere risorse (circa mille euro, nell’esempio indicato) alle persone più deboli (con un margine di vita minore), per darle agli altri, con livello maggiore di vita: In questo modo si capovolge letteralmente il principio cardine del sistema contributivo, in base al quale, come detto, chi vive di meno deve ricevere una pensione più alta (a parità di condizioni), rispetto a chi campa di più.
     Questa è macelleria sociale, altro che previdenza, cari lettori; sfido chiunque a contestare, anche in un pubblico dibattito, quanto sostenuto nel presente post: Mi auguro che si possa coagulare una vasta corrente di pensiero, tanto numerosa da opporsi a chi sta tentando di rubare il futuro previdenziale ai nostri figli e nipoti, dopo averlo fatto nei confronti degli attuali pensionati/pensionandi.
       In questa battaglia che sto sostenendo, mi fa autorevole compagnia una Legge del Parlamento italiano (n. 247) del 2007 che aveva delegato, tramite il Governo in carica, il Ministro del Lavoro a costituire, con decreto, una Commissione con il compito di proporre, (entro il 31 dicembre 2008!!!) “modifiche dei criteri di calcolo dei coefficienti che tengano conto … dell’incidenza dei percorsi lavorativi … e del rapporto intercorrente tra l’età media attesa di vita e quella dei singoli settori di attività …”. La delega, purtroppo, fu disattesa e lasciata decadere; la Commissione non si è mai riunita, perché mai nominata. Una condotta a dir poco anomala, di rilievo istituzionale: una vera e propria omissione di atto legislativo
     Ho riportato il virgolettato della disposizione di legge (art.1 comma 12), per fugare ogni equivoco sulla fedeltà del testo e per documentare l’urgente necessità, avvertita anche dal legislatore del 2007 e …… dal sottoscritto, con questo post, di poter correggere il vigente criterio di coefficienti medi, con valori differenziati, in rapporto alle diverse condizioni di lavorio, proponendo di riaprire, eventualmente, i termini scaduti della delega non esercitata, con gli stessi criteri e compiti previsti dalla predetta Legge.

   Di questo parlerò più diffusamente nel prossimo post e di altre fake news che girano intorno al calcolo contributivo e farò un puntuale e articolato approfondimento, con l’ausilio anche di vostri suggerimenti in merito, che spero numerosi;
  •  Sul retributivo (con l’eventuale, opportuno aggiustamento di considerare tutte le retribuzioni percepite dal lavoratore, come per il sistema contributivo), che rappresenta, a mio avviso, il metodo più adatto per restituire giustizia ed equità ai pensionati e che assicura anche l’equilibrio finanziario e contabile del Bilancio Inps delle pensioni I.V.S. (d’invalidità, vecchiaia/anticipata, riversibilità), in conformità con quanto sostiene anche la Corte  Costituzionale, con numerose sentenze.
  •  Sulle proposte per eliminare altre ingiustizie e iniquità dell’attuale sistema di calcolo.
  •  Sul  finanziamento a ripartizione delle pensioni, che sono pagate integralmente dai lavoratori.
    Prof. Lucio Casalino

       - Ex dirigente INPS
       - Professore a contratto di Previdenza Sociale                                                                      
                 Università “Federico II” Napoli
             - Consigliere Nazionale Cisal

Post popolari in questo blog